Sunday, August 18, 2024

Agostana

 



I paradossi, le contraddizioni, l’insensatezza fanno parte della nostra vita e non bisogna allarmarsi se sono presenti più di frequente nel nostro vivere quotidiano. Non c’è quindi niente di male se agiamo e ci comportiamo in un universo del paradosso e direi in un mondo sempre più dominato dall’irrazionalità. Una grande dose di antico illuminismo e di sana ragione ci libererebbe dagli spettri dell’apparenza. Purtroppo non è così. Mai come nell’estate di quest’anno abbiamo assistito alla manifestazione dell’insensatezza che ormai domina il mondo. Mi soffermerei su quanto accade nel nostro bellissimo paese piuttosto che riferirmi a ciò che si manifesta nel resto del pianeta. È ovvio ormai che ciò che accade qui si proietta e si estende su tutto il globo e viceversa. Bisogna comunque fare attenzione a non generalizzare ma mantenersi dentro i limiti della sola ragione, come avrebbe detto un grande filosofo come Kant riferendosi alla religione.




Quest’anno il rumore assordante dei media sulle vacanze degli italiani e sulla presenza dei turisti stranieri è stato ininterrotto, plateale, spropositato rasentando il ridicolo. I numeri e i dati riportati dalle agenzie di questo successo balneare sono stati quasi da record rispetto alle scorse stagioni. Bande di vacanzieri hanno invaso le nostre città, hanno assediato le nostre spiagge, riempito musei, i ristoranti, gli alberghi. Non c’è stato giorno che il messaggio di un paese felice e ricco non sia circolato nei media televisivi, sui social, giornali e riviste. Messaggio ampiamente documentato, finalizzato a convincere i cittadini   che la politica turistica ha avuto un successo e dobbiamo esserne fieri. Certo il rito agostano della vacanza fa parte ormai della consuetudine italiana, è una specie di aspetto simbolico del nostro benessere, anche quando esso proprio non c’è. È una festa che ha bisogno di essere celebrata anche se ahimè non ha niente a che fare con la vergine Maria.  Il messaggio è stato chiaro e suona: raggiungete le spiagge, le montagne, divertitevi e siate felici.



Niente di male se la massa degli italiani in agosto va al mare o in montagna nonostante il costo per una vacanza al mare o solo per andare in spiaggia sia salito alle stelle rispetto al passato e siamo a rischio di una terza guerra mondiale. Vuol dire, al solito, che gli italiani stanno bene e preferiscono godersi lo spettacolo. Ma non è proprio così.  È una questione culturale. Siamo ossessionati dalle vacanze, siamo concepiti per farle e niente ci può fermare, né le guerre, né il clima e neppure il cambiamento climatico in atto. Il verbum è l’evasione non appena si può, dallo stress quotidiano, dai problemi, da tutto il resto che ci ostacola. Mai ci viene da pensare che non è così e quello che lasciamo qui lo troviamo intatto o forse peggiorato altrove. Non ci soffermiamo su quanti non possono andare in vacanza per problemi economici, sulla povertà che ormai in Italia dilaga e sta diventando endemica, sui salari che non crescono, sullo sviluppo economico e produttivo malato.



Non è mia intenzione scrivere in questa sede un saggio da un punto di vista sociologico   sulle vacane degli italiani e sulla presenza dei turisti stranieri che ogni anno puntualmente aumentano ma solo, appunto, richiamare a un paradosso a una specie di controsenso che fa emergere  quanto siamo fragili ed esposti senza saperlo. Né tantomeno il mio scopo è far sentire in colpa chi riesce a concedersi una vacanza seppure ridotta, ma esprimere un dubbio, pone una riflessione sulla condizione sociale e culturale attuale e sulla comunicazione con la quale si organizza il consenso generalizzato.


I media ci hanno altresì fatto sapere con puntualità, anche questa esasperante, insieme alle cifre entusiastiche del turismo presente nelle nostre città, l’aumento delle temperature con conseguente afa e umidità richiamando i cittadini a non uscire nelle ore più calde. Ci viene detto che, in particolare per il nostro paese, siccità, ondate di caldo, venti e piogge intense sono destinati ad aumentare nei prossimi dieci anni e che le vittime delle guerre in Ucraina e nel Medio oriente sono sempre più preponderanti e che è quasi impossibile trovare un accordo. Mentre siamo in vacanza, non appena tornati dalla spiaggia vediamo la giornalista inviata dalla Rai che corre da una linea di confine all’altra raccontandoci la guerra, intervistando i soldati ucraini e la stessa popolazione come se fosse un film, con interviste di parte e sconfinamenti. L’inviata ci racconta ciò che ha visto come se il vedere non fosse un atto intenzionato, interpretativo della realtà e non un fatto oggettivo.  Ci sediamo in poltrona, beviamo un buon vino, gustiamo la cena e siamo felici. Tutto questo non ci tocca anche se le imprese della nostra inviata ci mettono a rischio da un punto di vista di una soluzione  diplomatica della questione.  Non è tutto questo un paradosso, un controsenso?




Secondo il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, approvato dal ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica nei prossini 40 anni il livello dei mari italiani aumenterà fino a 19 centimetri, la temperatura dell’acqua aumenterà di 2,3 gradi con conseguenze tragiche per tutto il sistema climatico e ambientale, per tutto il pianeta e non solo per l’Italia. Per la maggioranza delle persone tutto ciò sembra frutto dell’immaginazione o di qualche isolato pessimista. Continuiamo a comportarci come prima. Non rinunciamo a niente. Non riflettiamo abbastanza su quanto possiamo singolarmente contribuire per cambiare l’andamento climatico e fermare le guerre in corso. Ci sembra uno sforzo inutile e impossibile. Perciò continuiamo a comportarci come prima senza neppure pensarci.



 Ma cosa hanno a che fare le vacanze e il turismo con i cambiamenti climatici e le guerre? C’entrano, eccome. Le strade intasate dalle macchine, il consumo di carburanti, lo spreco, l’incoscienza con cui trattiamo le nostre spiagge, il modo con cui continuiamo a inquinare, a trattare i nostri corpi, a rumoreggiare, a usare i nostri cellulari, a frequentare i musei a invadere le città, a ricercare il lusso e a speculare   sono alleati del disastro ambientale e paradossalmente producono incomprensioni e guerre. Manca un senso di responsabilità, il che vuol dire essere chiamati a rispondere per quanto possiamo al disastro che ormai ci avvolge. Le estati saranno sempre più calde e non so se riusciremo ad andare in spiaggia o in montagna nel futuro, perciò cerchiamo di essere razionali e capaci di pensare alle conseguenze di ciò che consideriamo sviluppo produttivo, anche quando andiamo in vacanza.



Bisogna intervenire fin da subito con interventi non solo da parte dei governi con politiche green ma anche individualmente con una presa di coscienza adeguata, saper rinunciare al superfluo   e soprattutto bisogna opporsi alla propaganda dei media, che fanno di tutto per generalizzare, disinnescare qualsiasi critica che non sia conforme allo status quo. Nella critica della ragione pratica, come è noto Kant parla “della legge morale dentro di me e del cielo stellato sopra di me”. Sono punti fermi nella nostra vita, ci danno sostegno e ci guidano nella comprensione di ciò che conta veramente. Il principio della morale dovrebbe essere per noi una bussola orientativa che certo non sempre funziona ma ad ogni modo ci consente di distinguere, confortati anche dall’etica, ciò che è bene da ciò che è male. Anche se tale principio non è sufficiente ad orientarci con tutti gli aspetti della nostra vita tuttavia esso ci aiuta a preservare noi stessi come essere razionali.



Occorre un’etica ambientale rispettosa della natura, una razionalità nuova che sappia distinguere ciò che fa bene da ciò che fa male. Etica che non può essere sempre cavalcata dal profitto, dal dominio del più forte o di quello che appare il più forte. In breve bisogna saper discernere. Il discernimento è consapevolezza di sé e delle ragioni oggettive che governano il mondo. Vuol dire, saper selezionare e rinunciare all’eccesso.  Affinché le azioni dell’uomo siano coerenti e razionali, oltre ad avere un senso è fondamentale che siano portatori di fede, speranza e carità. Una fede che c’è qualcuno là, che ci potrà rispondere, poi la speranza che vuol farlo, infine la carità che deve insegnarci la via della buona risposta. In mancanza di questo saremmo perduti.



 Il rito agostano delle vacanze ci consegna alla fallacia, alla mancanza, al dramma e non è il sintomo del benessere piuttosto lo è del suo contrario. Esso è il risultato di una spettacolarizzazione a tutto campo che si rende visibile e ci ammalia. Il film del 1964: il sorpasso di Dino Risi con il quale vorrei concludere questo mio breve intervento racconta il ferragosto a Roma negli anni sessanta. Esso  viene celebrato come un rito che coinvolge i due protagonisti ,  Roberto Mariani, studente di legge al quarto anno, timido e riservato rimasto in città per preparare gli esami, intrepretato da Trintignant e Bruno Cortona, interpretato da Gassman  trentaseienne vigoroso ed esuberante, amante della guida sportiva e delle belle donne, prototipo dell’italiano medio, al volante della sua Lancia Aurelia. Il film oltre a essere una testimonianza sul modo con cui gli italiani trascorrevano il loro ferragosto nell’era del boom economico è anche una metafora attuale sulla nostra condizione duale.



 Nella   tragica conclusione che si materializza durante l'ennesimo sorpasso avventato: per evitare l'impatto frontale con un camion, Bruno sterza violentemente e finisce per urtare un paracarro. Nell'impatto, Bruno viene sbalzato fuori dall'auto riuscendo così a salvarsi, mentre Roberto perde la vita finendo in una scarpata. Agli agenti intervenuti Bruno confesserà, dato il tempo limitato trascorso con il suo occasionale compagno di viaggio, di non conoscerne neppure il cognome. Finale appunto tragico e paradossale.

 


Immagini:

1        – Autoritratto

2         Francesco Correggia.  Frame da una performance   su Hegel  2004

3         Città affollate, overturism agosto 2024

4        -  Roxi Paine, Mailstrom, 2008

5        – Rembrandt. Il ritorno del figliol prodigo, 1661

6      7      -  La guerra in Ucraina

8        - Joseph Beuyes, Oak, 1982

9        – Magritte, Gli amanti 1926 ca

10    – Fotogramma Il sorpasso di Dino Risi, 1964

11    – Francesco Correggia, sta dentro le cose, olio su tela, 2021

 


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