Friday, February 21, 2020





Video arte a Pelouse Interdite/Zone 


 

Il 19 Febbraio presso  lo studio Zone/Pelouse interdite  in via Paolo Sarpi, 58 si è svolta una rassegna video molto particolare. Abbiamo assistito ad una proiezione a parete  di video arte degli  anni settanta ottanta e un seminario  trasmesso  da uno schermo televisivo. Si è trattato di un evento vero e proprio, vista la consuetudine tutta milanese di celebrare i riti della moda, dello spettacolo, del lusso che accerchiano la nostra esistenza, ogni pensiero autonomo, ogni esigenza di una nuova sensibilità. Quella a cui assistiamo nelle strade milanese della moda  è la celebrazione acefala di un’esagerazione sfarzosa, di un regime della comunicazione, dello spettacolo integrato, tecnologico e intermediale, con l’unica finalità di vivere la vita come forma di un parossistico atteggiamento di evasione, di  disprezzo verso l’altro, gli altri. 


 


Non si tratta del mondo della vita ma della morte come aveva anticipato Leopardi nel dialogo tra la moda e la morte nelle operette morali. E’ quasi un segno provvidenziale e autentico che la rassegna si sia svolta proprio durante la settimana della moda.
 Nell’introduzione alla proiezione ho messo in luce la condizione in cui tale evento si svolge, come  di un vero e proprio  evento in quanto qualcosa che accade, manifesta una possibilità diversa; quella di   una particolare forma di resistenza che Pelouse interdite ha mostrato rispetto alle logiche generaliste  mediali della moda. 


 

Non un ripiegamento ma un rendere visibile l’umana ricerca, la dimensione del pensiero e della riflessione estetica e poetica, di un linguaggio di ricerca autentico. La sala era piena di giovani dell’Accademia di Brera ma anche dello Iulm e di altre Istituzioni: tutti  desiderosi di guardare e assistere  a qualcosa di diverso, di sostanzialmente altro.       

 

I nomi degli  artisti  della rassegna video erano  importanti e alcuni di loro sono tuttora riconosciuti in ambito internazionale, Si tratta di : Rebecca Horn, Federica Pezzolde, Pipilotti Rist, M. Abramovic &Ulay, M. Kage, M. Odenbach, F. Soletti, N. Meisner, Gruppe Notarische Reflexe, U. Rosenback, H. Wentscher. M. Krebs, V. Wolfl, W. Kahlen, C. Newman, K. Vom Bruch, N.J, Paik, I. Gunther, B. Hamman. I video hanno fatto parte di rassegne celebri  come documenta 6 Kassel, Kunsthalle Wien,   New Tate Londra e di alcune importanti gallerie berlinesi degli anni settanta. Lo schermo televisivo invece ha mostrato un seminario promosso dallo studio Veder nel 1988, su arte e filosofia, arte ed ermeneutica. E’ interessante notare quanto il dibattito fosse a quell’epoca intenso e ancora molto attuale per gli spunti originali e le riflessioni sull’estetica contemporanea.  Argomenti che ancora a distanza di tempo risultano anticipanti rispetto all’epoca  priva di contenuti e di atteggiamento critico verso il visibile  e le immagini  che stiamo attraversando. 

 
  
I video proiettati, anche se non di alta qualità da un punto di vista tecnico, mostrano come quegli artisti fossero interessati non solo al nuovo mezzo espressivo ma alla portata sperimentale, di senso che il nuovo mezzo aveva per loro. La dimensione poetica  insieme alla componente sperimentale, al suono e alla parola   toccavano  una soluzione che possiamo definire  paradigmatica, storica rispetto all’evolversi tecnico del mezzo e agli audio visivi di oggi  messi in scena dagli artisti che adoperano tale mezzo.

 

Si potrebbe pensare che le nuove tecnologie abbiano azzerato quella componente, espressiva e poetica che la video arte aveva all’origine a favore dell’immagine, della sua edulcorazione tecnica, pubblicitaria. Ecco il motivo che ci sembrava degno da riproporne la lettura e la visione. Non vi è dubbio che molti dei giovani artisti sono attratti da questo strumento,  ma quel  che oggi si ripropone è solo una specie di narrazione per immagini, con un modo di svolgerla  come racconto, una specie di  documentario tecnicamente perfetto  del proprio narcisismo, del proprio sé  senza alcun filtro esistenziale, di pensiero, senza alcuna componente poetica e di  ricerca di un nuovo linguaggio.

 

Il mezzo è diventato un prodotto della realtà contemporanea, , della pubblicità e dei suoi miti. Ciò nonostante è utile sottolineare quanto questi video proposti da Pelouse Interdite che sembrano arrivati da un altro mondo, siano, in realtà una specie di paradigma, siano cioè ricchi di soluzioni visive ancora interessanti e possano costituire un fondamento, direi quasi  storico, nella ricerca visiva contemporanea,  dell’uso dei nuovi audio visivi.   

 


La Video arte nasce in origine come possibilità di documentare le performance e le azioni degli artisti. Molti di loro provenivano dal Fluxus, come si può ben notare in  R,  Horn, M.  Abramovic e Ulay,  U. Rosenback, W. Kahlen, N.J Paik e in artisti come V. Acconci, C. Burden, G. Chiari, B. Nauman, questi ultimi non presenti in questa rassegna ma comunque importanti nel panorama storico della Video arte. 

 

C’è, in questi video  comunque una sperimentazione autonoma, un tentativo di esplorare nuovi territori, di impossessarsi di  un  linguaggio espressivo fondato  sulle stesse  possibilità che il mezzo aveva di forzare le immagini, di contaminarsi con il mezzo televisivo, di metterlo a nudo  come accade in artisti come   P. Rist,  M. Kage, M. Odenbach, F. Soletti, N. Meisner, Gruppe Notarische Reflexe, I. Gunther, B. Hamman. In entrambi i casi assistiamo ad una dialettica feconda tra le possibilità tecniche del nuovo mezzo e  l’esistenza, il mondo della vita, la lebenswelt   che gli artisti  intendevano mettere in primo piano come arte assoluta.


 


Possiamo ben dire e in fondo è ciò che i video  di Pelouse interdite intendevano mostrare è che si tratta degli anni eroici della video arte, di quel modo cioè  di costruire un nuovo linguaggio visivo ed espressivo a partire dalla consapevolezza di attraversare un nuovo piano dell’esperienza poetica, letteraria, visiva. 



Senza quelle teorizzazioni, quelle esperienze, quei meccanismi sperimentali d’immagini, di sonorità e di parole  la produzione dei numerosi audio visivi e dei video degli artisti della nuova generazione  appare sterile, estetizzante, senza senso. Ma forse è questo il senso dell’arte chiamata contemporanea, ahimè,  quello di non aver alcun senso.



Immagini

1  Francesco Correggia in una discussione su Arte e filosofia, Studio Veder 1988
2  Rebecca Horn, Finger gloves, Berlino 1974
3   Chris Burden  Shoot. 1971
4   M. Odenbach, proof of nothing,  Kunsthalle Vienna, 1989
5  P. Rist, I called you Jacky, 1989
6 M. Abramovich&Ulay  1988
7  U. Rosenbach , la nascita di venere,  1979
8  V.  Acconci Step Piece 1970
9 N. J. Paik,  1980
10 w. Kahlen, Horizon, 1978
11 Francesco Correggia, performance,  1982