Video arte a Pelouse
Interdite/Zone
Il 19 Febbraio presso lo studio Zone/Pelouse interdite in via Paolo Sarpi, 58 si è svolta una
rassegna video molto particolare. Abbiamo assistito ad una proiezione a parete di video arte degli anni settanta ottanta e un seminario trasmesso
da uno schermo televisivo. Si è trattato di un evento vero e proprio,
vista la consuetudine tutta milanese di celebrare i riti della moda, dello
spettacolo, del lusso che accerchiano la nostra esistenza, ogni pensiero
autonomo, ogni esigenza di una nuova sensibilità. Quella a cui assistiamo nelle
strade milanese della moda è la
celebrazione acefala di un’esagerazione sfarzosa, di un regime della comunicazione,
dello spettacolo integrato, tecnologico e intermediale, con l’unica finalità di
vivere la vita come forma di un parossistico atteggiamento di evasione, di disprezzo verso l’altro, gli altri.
Non si tratta del mondo
della vita ma della morte come aveva anticipato Leopardi nel dialogo tra la
moda e la morte nelle operette morali. E’ quasi un segno provvidenziale e
autentico che la rassegna si sia svolta proprio durante la settimana della
moda.
Nell’introduzione alla proiezione ho messo in
luce la condizione in cui tale evento si svolge, come di un vero e proprio evento in quanto qualcosa che accade,
manifesta una possibilità diversa; quella di una particolare forma di resistenza che Pelouse
interdite ha mostrato rispetto alle logiche generaliste mediali della moda.
Non un ripiegamento ma un
rendere visibile l’umana ricerca, la dimensione del pensiero e della
riflessione estetica e poetica, di un linguaggio di ricerca autentico. La sala
era piena di giovani dell’Accademia di Brera ma anche dello Iulm e di altre
Istituzioni: tutti desiderosi di guardare
e assistere a qualcosa di diverso, di
sostanzialmente altro.
I nomi degli artisti
della rassegna video erano importanti e alcuni di loro sono tuttora
riconosciuti in ambito internazionale, Si tratta di : Rebecca Horn, Federica
Pezzolde, Pipilotti Rist, M. Abramovic &Ulay, M. Kage, M. Odenbach, F.
Soletti, N. Meisner, Gruppe Notarische Reflexe, U. Rosenback, H. Wentscher. M. Krebs, V. Wolfl, W. Kahlen, C. Newman, K. Vom
Bruch, N.J, Paik, I. Gunther, B. Hamman. I video hanno fatto
parte di rassegne celebri come documenta
6 Kassel, Kunsthalle Wien, New
Tate Londra e di alcune importanti gallerie berlinesi degli anni settanta. Lo
schermo televisivo invece ha mostrato un seminario promosso dallo studio Veder
nel 1988, su arte e filosofia, arte ed ermeneutica. E’ interessante notare
quanto il dibattito fosse a quell’epoca intenso e ancora molto attuale per gli
spunti originali e le riflessioni sull’estetica contemporanea. Argomenti che ancora a distanza di tempo risultano
anticipanti rispetto all’epoca priva di
contenuti e di atteggiamento critico verso il visibile e le immagini che stiamo attraversando.
I video proiettati,
anche se non di alta qualità da un punto di vista tecnico, mostrano come quegli
artisti fossero interessati non solo al nuovo mezzo espressivo ma alla portata
sperimentale, di senso che il nuovo mezzo aveva per loro. La dimensione
poetica insieme alla componente
sperimentale, al suono e alla parola toccavano una soluzione che possiamo definire paradigmatica, storica rispetto all’evolversi
tecnico del mezzo e agli audio visivi di oggi
messi in scena dagli artisti che adoperano tale mezzo.
Si potrebbe pensare che
le nuove tecnologie abbiano azzerato quella componente, espressiva e poetica
che la video arte aveva all’origine a favore dell’immagine, della sua
edulcorazione tecnica, pubblicitaria. Ecco il motivo che ci sembrava degno da
riproporne la lettura e la visione. Non vi è dubbio che molti dei giovani
artisti sono attratti da questo strumento, ma quel
che oggi si ripropone è solo una specie di narrazione per immagini, con
un modo di svolgerla come racconto, una
specie di documentario tecnicamente
perfetto del proprio narcisismo, del
proprio sé senza alcun filtro
esistenziale, di pensiero, senza alcuna componente poetica e di ricerca di un nuovo linguaggio.
Il mezzo è diventato un
prodotto della realtà contemporanea, , della pubblicità e dei suoi miti. Ciò nonostante
è utile sottolineare quanto questi video proposti da Pelouse Interdite che sembrano
arrivati da un altro mondo, siano, in realtà una specie di paradigma, siano
cioè ricchi di soluzioni visive ancora interessanti e possano costituire un
fondamento, direi quasi storico, nella
ricerca visiva contemporanea, dell’uso
dei nuovi audio visivi.
La Video arte nasce in origine
come possibilità di documentare le performance e le azioni degli artisti. Molti
di loro provenivano dal Fluxus, come si può ben notare in R,
Horn, M. Abramovic e Ulay, U. Rosenback, W. Kahlen, N.J Paik e in artisti
come V. Acconci, C. Burden, G. Chiari, B. Nauman, questi ultimi non presenti in
questa rassegna ma comunque importanti nel panorama storico della Video arte.
C’è, in questi video comunque una
sperimentazione autonoma, un tentativo di esplorare nuovi territori, di impossessarsi
di un
linguaggio espressivo fondato sulle stesse possibilità che il mezzo aveva di forzare le
immagini, di contaminarsi con il mezzo televisivo, di metterlo a nudo come accade in artisti come P. Rist,
M. Kage, M. Odenbach, F. Soletti, N. Meisner, Gruppe Notarische Reflexe,
I. Gunther, B. Hamman. In entrambi i casi assistiamo ad una dialettica feconda
tra le possibilità tecniche del nuovo mezzo e
l’esistenza, il mondo della vita, la lebenswelt che
gli artisti intendevano mettere in primo
piano come arte assoluta.
Possiamo ben dire e in
fondo è ciò che i video di Pelouse
interdite intendevano mostrare è che si tratta degli anni eroici della video
arte, di quel modo cioè di costruire un
nuovo linguaggio visivo ed espressivo a partire dalla consapevolezza di
attraversare un nuovo piano dell’esperienza poetica, letteraria, visiva.
Senza
quelle teorizzazioni, quelle esperienze, quei meccanismi sperimentali
d’immagini, di sonorità e di parole la
produzione dei numerosi audio visivi e dei video degli artisti della nuova
generazione appare sterile,
estetizzante, senza senso. Ma forse è questo il senso dell’arte chiamata
contemporanea, ahimè, quello di non aver
alcun senso.
Immagini
1 Francesco Correggia in una discussione su
Arte e filosofia, Studio Veder 1988
2 Rebecca Horn,
Finger gloves, Berlino 1974
3 Chris Burden Shoot. 1971
4 M. Odenbach,
proof of nothing, Kunsthalle Vienna,
1989
5 P. Rist, I
called you Jacky, 1989
6 M.
Abramovich&Ulay 1988
7 U. Rosenbach , la nascita di venere, 1979
8 V. Acconci Step Piece 1970
9 N. J. Paik,
1980
10 w. Kahlen, Horizon, 1978
11 Francesco Correggia, performance, 1982