L’arte contemporanea si trova su un bordo che somiglia molto al bordo libero di una nave da dove si può precipitare in mare oppure rimanere sul suo bordo libero tra un ponte e l’altro. In questo bilico tra il cadere in mare aperto con il rischio di perdere la vita e rimanere a bordo della nave si sta in equilibrio tra la tradizione e l’attualità. L’artista contemporaneo preferisce stare all’asciutto dimenticando di avere a che fare con la storia. La perdita di coscienza è una specie di sincope contemporanea, una dimenticanza da cui ci si può sottrarre solo attraverso l’offerta sublime dell’arte.
Solo se l’arte diventa offerta che contiene in sé il gesto e la rinuncia sottraendosi ai riti nefasti del commercio che ci può essere un discorso vero, almeno una sua traccia. Purtroppo oggi quel che appare è solo la dimensione mercantile dell’arte. L’arte è diventata totalmente merce, il che non giustifica il suo stesso esserci nel mercato. Se non si ha a che fare con una istanza di libertà rispetto alle merci che cosa possiamo pensare intorno all’arte se non nell’unica prospettiva ontologia che la costituisce? Il suo poter essere nella storia, di essere testimone di un’epoca si dona nel presente come bene prezioso.
È solo in questa prospettiva che possiamo comprendere il versante etico dell’arte contemporanea. L’arte, in quanto rigeneratrice di senso là dove esso non c’è, riprende un ruolo di svelamento e di interpretazione della natura delle immagini in un’etica della rappresentazione. Si tratta di una dimensione nuova che ha a che fare non solo con l’etica ma anche con gli stessi modi del pensare, con la meditazione intorno al mondo, alle pratiche del soggetto e agli stessi linguaggi dell’arte. Le pratiche dell’arte sono pratiche del senso d’essere, del discorso vero e anche pratiche di disubbidienza costante e senza condizioni. E quale può essere questo discorso oggi? Esso si presenta come interrogazione e come capacità di stare al confine della storia fra natura e cultura. L’arte contemporanea non può fare a meno di essere una ferita aperta nello stesso suo sistema, come non può fare a meno di praticare una disubbidienza verso ciò che la abbaglia. La vera luce sta’ dietro ogni apparenza e si rivela proprio attraverso un donarsi oltre ogni limite.
Il discorso artistico dominante identica l’arte con il mercato e resta cieco davanti a qualsiasi opera prodotta e distribuita secondo qualsiasi altro meccanismo. In questo senso non si può eliminare il sospetto che l’esclusione dell’arte non prodotta secondo le condizioni standard del mercato abbia una sola base e cioè la soppressione di ogni elemento critico, la coercizione della rappresentazione visiva. L’arte, non solo quella contemporanea che ormai è una locuzione spenta, non può essere un circo all’aperto, un parco giochi dove si sperimentano le tecniche intermediali del consenso, le formule, i testi e le immagini dell’intelligenza artificiale, né può essere una provocazione costante ma deve saperci indicare una via differente che coniughi il presente con la tradizione, il pensiero con la pratica, la vita stessa con la veglia della morte.
È nell’arte come pratica della disubbidienza e
della solitudine e al contempo come interrogazione etica che avviene l’offerta
sublime del dono, della storia e dello stesso suo essere spirito che ascolta e
va verso l’altro, soffia sull’altro, modificando la percezione delle cose e
della stessa realtà. Con ciò si annulla la distanza fra essere e mondo fra
mondo dell’arte con le sue peculiarità e il fare dell’arte, fra l’essere e gli
enti che lo circondano, fra l’umano e il macchinico, il mondo e la terra.
Immagini
1-
Pontormo , Deposizione, 1528
2-
Magritte, gli amanti, 1928
3-
Richard Serra The Matter of time, 2011.
4-
Marc Quinn gli amanti, 2016
5-
Francesco Correggia, Resurrezione, 1987
6-
Bill Viola a palazzo Strozzi
7-
Francesco Correggia , Erlebnis, 2034