Il
sistema dell’arte, la comunicazione e l’estetica triste
Tutti sappiamo, senza
entrare nel merito degli aspetti ormai conosciuti della diffusione e
circolazione dell’arte contemporanea, che muoversi nel vasto territorio
dell’arte vuol dire fare sistema, creare relazioni tra diversi soggetti
dell’arte. Anche se l’arte ormai è
sempre più un fenomeno di mercato
globale, ciò che ancora caratterizza la
sua singolarità è proprio la
tendenza all’internalizzazione, a una prassi di sistemi misti, mediali,
economici e sociali, in una maniera e in una logica sempre più aperta e dinamica.
Le parti di questo sistema, il quale si presenta come un tutto ben registrato sono: artisti, gallerie pubbliche e private, istituzioni
culturali, musei di arte moderna contemporanea, collezionisti, fondazioni,
manager, curatori, critici, riviste di settore, alcune biennali e fiere
internazionali. A queste figure dobbiamo ora aggiungere le aste internazionali,
le fiere, e le vendite on-line. Il meccanismo oltre a espandersi si fa più complesso.
In qualche misura rispetto all’arte moderna c’è uno spostamento, una
specie di ribaltamento delle orbite assiali dell’arte
e della sua diffusione.
Art Dusseldorf, 2018
Non vogliamo qui fare un elenco definitivo dei soggetti dell’arte, bensì
rimarcare quanto questo insieme sia molto mobile e veloce e riguarda
anche la realtà di un paese, di una nazione, di una geopolitica globale, di
un’economia. E’ altrettanto noto che il
Mondo dell’arte è sempre più un sistema di relazioni su diversi piani
culturali, sociologici, antropologici, politici. Proprio per il fatto che l’arte contemporanea
è contemporanea solo a se stessa, la sua unica realtà è quella della sua
operazione in tempo reale, e del suo confondersi con la realtà. Niente più trascendenza verso il passato o il
futuro. L’operatività dell’arte contemporanea è solo un gioco speculare con il
mondo così come esso ha luogo ed è per tale ragione che l’arte è molto più esposta alle logiche del sistema finanziario ed economico,
riflettendone le logiche e anche le
crisi .
Saatchi Gallery is a London gallery for contemporary art,
Lo vediamo soprattutto
oggi proprio in Italia dove gli artisti o presunti tali fanno fatica ad affermarsi nel gioco degli specchi
dell’arte contemporanea. Il contrario è avvenuto negli altri paesi come la
Germania, la Francia, l’Inghilterra, gli
Stati uniti. Essi hanno favorito lo sviluppo dell’arte, imponendola a
livello mondiale, difendendone la ricerca, attraverso varie forme d’interventi
istituzionali tra pubblico e
privato con la creazione di spazi
appositi per la diffusione dell’opera d’arte contemporanea, dai Kunstverein, al
Turner prize, dalle Gallerie a capitale misto
alle Fondazioni, ai centri culturali polifunzionali, ai nuovi Musei che
costituiscono il fondamento di tutto il sistema fino ad arrivare a politiche di detassazione per chi compra arte contemporanea.
Questa logica istituzionale è stata comunque accompagnata da scelte selettive, nel
ricercare non solo una logica commerciale ma anche una dimensione interrogante
intorno al senso del fare arte. Da noi
sembra che esista solo il turismo che prende d’assalto le
biglietterie delle mostre più gettonate,
le chiusure dei porti e un’intolleranza verso il diverso davvero preoccupante.
Show cooking
Con la fine del Postmoderno e la crisi delle società occidentali si è accelerato il
processo di decomposizione critica rispetto alla realtà politico e sociale.
Nell’arte è accaduto non solo qualcosa di analogo ma addirittura uno
sradicamento, una sostanziale assenza di linee teoriche e di impegno rispetto
alle cose del mondo. Ora è sempre più necessario cambiare il modo con
cui l’opera d’arte deve esser letta, esperita, guardata, offerta al pubblico. Lo stesso meccanismo con cui finora l’arte
contemporanea si è consolidata in una forma di sistema, appare proficuo per il
collezionismo soprattutto nei paesi dove gli investimenti sul
contemporaneo sono stati forti e
sostanziali, e hanno permesso di resistere alla crisi finanziaria. Questo
sistema in Italia non esiste.
Riusciamo a produrre tante mostre, forse più che negli altri paesi, ma sono
mostre inutili, celebrative senza alcun
senso. Esse servono solo alla voglia di protagonismo del curatore e al
giovane artista che vuole emergere; lo
sguardo rimane di breve gittata e una nausea
improvvisa sale dallo stomaco. La politica poi in questo nostro paese fragile e
imprevedibile ignora totalmente l’importanza dell’arte non solo come fatto
culturale, crescita e conoscenza del mondo e delle visioni che se
ne hanno ma anche come questione del reale, elemento economico e finanziario.
Brassai, Matisse in satudio
Le cose dell’arte sono molto più complesse di
come il sistema politico del nostro paese le vuole ridurre. Mostrare l’opera d’arte
contemporanea al più grande pubblico,
esporla nelle fiere, nelle biennali di prestigio, nei musei
accreditati, darle senso e valore solo
attraverso il culto celebrativo delle aste e del solito circuito di diffusione
e di mercato è solo un’operazione, tecnica, pubblicitaria, mediatica che niente
ha a che fare con l’opera d’arte ma solo con il populismo delle mode. L’arte si
è svuotata di senso e gira intorno al non senso poiché la
stessa opera pretenderebbe il silenzio, la vasca protettiva del riconoscimento
non del pubblico ma della sua estraneità
rispetto alla mercificazione. Ciò che vorrebbe l’opera non è solo essere vista ma guardata come
l’affermazione della sua
essenzialità ermeneutica, della sua costante opposizione, della sua natura
simbolica. Accade invece il contrario essa è allineata all’insignificanza , ha
come unica destinazione finale un universo fluido della comunicazione, delle reti e dell’interazione.
H.R. Ginger sarnen
Nel continuo
ribaltamento tra alti e bassi, guadagni e perdite è tutta la logica di diffusione
e comunicazione dell’arte tra Istituzioni pubbliche e private che deve essere sostanzialmente
riletta e rimessa in discussione. In Italia i Musei dell’arte moderna e
contemporanea si reggono a stento con i
proventi della vendita dei biglietti e di qualche donazione privata. Il resto è
affidato al caso e molto dipende dalle competenze del Direttore del Museo che molte
volte è una nomina politica, messo là per far da cuscinetto tra l’incapacità
dei governanti a comprendere l’importanza dell’arte nella sfera pubblica ed
economica e le consuetudini ai
favoritismi e alle clientele. Non si
sono create quelle sinergie fra Gallerie,
Fondazioni e Istituzioni museali, tranne in rari casi, in grado di creare un
sistema compatto ed efficace di circolazione dell’arte, di approfondimento e di
criteri selettivi e scientifici nell’organizzazione
delle mostre. Tutto è affidato all’improvvisazione.
e alle simpatie dei membri di commissioni scientifiche incompetenti ai quali i
direttori del Museo spesso affidano la
programmazione.
Miecke Bal DeathScene, installazione, 2016
In questo caos
generalizzato dove il Museo di arte moderna
smarrisce il suo ruolo educativo ed istituzionale la Galleria
rimane nel bene e nel male, nonostante tutto, il punto di riferimento per l’artista e il
pubblico. Essa , come accade nel resto del mondo dell’arte, se sa
far bene il proprio lavoro, non solo può
proporre e far conoscere l’artista ma anche far comprendere lo sviluppo, il contesto, le
dinamiche in cui l’opera è nata, la
stessa sua qualità.
Jenny Holzer I've just been shot, 2017
Così la Galleria può ancora porsi come punto di riferimento per quelle
strutture istituzionali che avrebbero il
compito di informare, curare e proporre
l’arte contemporanea a livello internazionale. Il profilo del gallerista potrebbe essere
determinante nel formulare progetti e
proporre artisti nel circuito
internazionale dell’arte. Non solo il
gallerista può spingere l’opera a essere riconosciuta dal collezionismo e dal
pubblico ma, in qualche modo, egli pone il sigillo del suo sguardo sull’opera dei suoi artisti e sulle loro linee
di ricerca, essendo responsabile delle
scelte e interprete di un modo di pensare, di vivere l’arte, fra interpretazione
e riconoscimento.
Huang Jong Ping, for Monumanta , Paris 2016
Purtroppo anche le
Gallerie non riescono più a ricoprire
quel ruolo di primo piano che prima
avevano insieme al critico e allo storico e che li distingueva. Ora sono tutti schierati
e appiattiti al mondo della moda e del design, tanto da far pensare che l’intreccio leopardiano fra moda e morte ora riguardi anche
l’arte. Il processo di decadimento dei
valori dell’arte parte da lontano e si
mostra con la crisi della modernità,
l’avvento del post-moderno, la globalizzazione e le tecnologie tecno – mediali
della comunicazione. Che rapporto ha
l’opera d’arte con la comunicazione ? Nessuno. L’opera d’arte non è uno
strumento di comunicazione. L’opera d’arte ha piuttosto a che fare con
l’informazione e la comunicazione in quanto atto di resistenza. Tuttavia non ogni atto di resistenza è
un’opera d’arte, benché in un certo senso lo sia . Non ogni opera d’arte è un
atto di resistenza e tuttavia, in un certo senso lo è. Così scrive G.
Deleuze nel suo libro: L’atto di
creazione.
H. Chopin. MH. ensamble 2000
Senza mettere al centro di
questa resistenza la nozione di evento, ormai volgarizzata dalla moda e dalla
diffusione mediale, un’opera resiste in quanto sa portare allo scoperto la
visione, sa cioè portare allo sguardo ciò che ci riguarda. Si
tratta di strigliare la storia contropelo. Guardare vuol
dire anche essere implicati nel processo della visione. Non è solo semplicemente vedere quella forma,
ma saper cogliere una possibilità di esplicazione,
di rapporto etico, di conoscenza, riformulando il nostro linguaggio. Ci sono
dei motivi ora urgenti per impiegare il
concetto di lettura dell’arte dimodoché l’opera possa essere non solo guardata ma
letta. Il concetto di lettura può
rendere ancora più rilevanti le cose
dell’arte, cioè le pratiche, le consuetudini, le tradizioni che trattano e si
occupano di arte non solo per quella del
passato ma anche di quella del presente.
Bill Brandt, girls looking out of a window 1930
Questi aspetti sono ora
ancora più determinanti in una
dimensione dove esistono due mali estremi, da una parte l’evasione, il cibo, il
lusso e il divertimento e dall’altra una logica fin troppo finanziaria
dell’arte con spostamenti di capitali prima impensabili. Che fare se l’opera d’arte del presente non
viene più percepita da noi come
questione di senso, di rapporto con l’essere che è, con l’esistente, con il
mondo ma solo come merce, prodotto che
si può vendere anche in un mondo Uber, ?
Pensare che il grande pubblico che gira intorno al mondo dell’arte, delle fiere,
delle Biennali, delle gallerie, delle aste di prestigio per un semplice
investimento economico sia ciò che
da valore all’arte e non possa esserci
invece qualcosa d’altro è fuori dalla sua
vera essenza. Proprio oggi che le
questioni si pongono in maniera problematica e drammatica il
credere che lo stato dell’arte sia immutabile rispetto alle cose che
accadono nel resto del mondo, mi sembra più che un luogo comune, una mera
banalità. . Tutti i sistemi, anche quelli economici soffrono di crisi endemiche
periodiche, quasi irrisolvibili, ma è proprio da queste crisi che il sistema dovrebbe
rinnovarsi, ripartire, guardare la storia e ricomprenderla.
Sterling Ruby installation view 2014
Occorre dire
che la distanza fra pubblico e collezionista sembra abolita. Oramai si può
accedere a un opera d’arte contemporanea a prezzi ragionevoli e il pubblico sta
diventando sempre più consapevole della posta in gioco. Il grande pubblico
delle Fiere dell’arte, delle aste e dei saloni espositivi delle fiere del
mobile e del design è sempre più numeroso e disponibile a comprare, magari per
abbinare al mobile di design, un quadro di un artista che esalta con i suoi
colori, l’arredamento. Ed è proprio
questa la deriva dell’arte , il suo essere assorbita in una situazione dove
moda , design, e ludicità entrano al servizio di quello che oggi appartiene ad
un’estetica triste; il tele-tecno- capitalismo delle nostre economie avanzate, scrive
Fabio Merlino nel libro: L’estetica triste. Il mondo che si avvale del nostro gusto per
rinnovarsi compulsivamente, è il mondo preso in ostaggio da una coazione
accelerativa del capitale, la quale tende ad allineare ogni possibile idea di crescita sociale e individuale alla
propria affermazione espansiva. E’ così
che si realizza l’appiattimento a fenomeni di attualizzazione di massa, come il
turismo radicale e spettacolare, il
design e il cibo che hanno invaso tutti i nostri sensi e anche le
nostre capacità di giudizio , di critica e di pensamento. In questo senso
l’estetica non ha più effetti rasserenanti ma, in un presente privo di orizzonti, distruttivi.
George Bellow Stag at Sharkey’s 1909.
Ora la domanda che si fa avanti è un’altra:
che cosa il pubblico o lo spettatore e collezionista
tale o presunto si aspetta da un’opera d’arte e che cosa veramente gli si offre
? Le fiere o le aste sono i luoghi
più accreditati per mostrare arte
contemporanea, ma che cosa si mostra davvero ? Niente. Quel che si mostra in
questi luoghi dell’atopia è la nientificazione dell’arte, la sua sparizione, è
solo arte che guarda se stessa nullificandosi.
Le opere d’arte oramai sono moneta contante e la loro circolazione deve
essere veloce ed efficace. Il meccanismo di valutazione consiste nell’aumento
di prezzo nelle classifiche delle
vendite. E’ proprio in questa direzione che le vendite on-line stanno scatenando un effetto net-work sorprendente. Ciò
significa che le vendite on line nel futuro potrebbero diventare l’asse
portante delle nuove dinamiche di vendita dell’arte ? Nei mondi digitali accade
spesso che un’azienda possa prevalere ed imporre i propri ritmi sugli altri. Questo
significherebbe la fine della
dimensione conoscitiva dell’arte, la sparizione dell’opera così come
l’abbiamo ereditata dalla storia. Sarebbe, dunque, tutto denaro che circola in rete, è questo
che dobbiamo aspettarci, un mondo spettrale, senza senso?
Non bastano i tentativi maldestri e finti di rinnovarsi come Galleria che si trasforma da
casa d’asta a spazio impegnato che ora apre ai giovani e a qualche artista considerato storico degli anni
ottanta novanta, con mostre curate da un
critico o una conversazione, un talk come vengono ora chiamati e tenere accesa la fiamma delle teorie e del
pensiero sull’arte come accade per
l’arte fiera di Bologna.
Arte fiera, Bologna 2018
Nel caso dell’arte fiera di Bologna è proprio il meccanismo selettivo espositivo che individua
le gallerie più importanti ad esibire un unico artista che in maniera paradossale fa venir meno la
logica di mercato a cui le fiere dovrebbero richiamarsi. Il tentativo di darsi
un tono culturale paradossalmente le
allontana non solo da ciò che è un opera d’arte
come prassi estetica ed etica
della sua circolazione, ma anche dalla
stessa possibilità di fare mercato e di promuoverlo. Proprio quel che appare
l’ottica espositiva e celebrativa delle fiere
finisce per rivolgersi contro la stessa sua logica espansiva, di
apertura verso il pubblico. L’opera si
annienta nella super visibilità, nella super esposizione delle fiere per poi riapparire nella circolazione mediale della
comunicazione, nel web.
Sylvie Blocher S'inventer autrement 2014
La Galleria in questa circolazione intermediale rischierebbe di sparire dalla scena. Per farsi riconoscere essa deve accettare di essere non solo presente nelle Fiere dell’arte che ormai in
Italia, oltre a quella di Bologna e Milano, sono tante, ma deve anche prevedere
che in un mondo globalizzato le vendite
on-line e le aste on line potrebbero
sostituirsi ai modi tradizionali di
vendere arte compreso quello delle Fiere. E’ questa la ragione sorprendente per
cui le Gallerie potrebbero ancora
svolgere un ruolo di primo piano. Il che potrebbe accadere se la loro logica fosse più propriamente quella di distinguere, fra
falsificazione espositiva e verità dell’opera d’arte, proporne la lettura, fare delle scelte, discernere e operare tatticamente insieme agli
artisti, non solo quindi inseguire le
logiche tristi del mercato.
Ann Veronica Janssens, Magic Mirror Green, 2014
Il rischio diventa così previsto e
contenuto nel momento in cui si acquista un opera d’arte contemporanea in
Galleria. Questo rischio è anche il piacere di mettere in gioco qualcosa di
nuovo, di rivolgersi al futuro, di operare una scelta, in una prassi di libertà
e di senso. Esso può diventare una dialettica operosa che avvia una dimensione
etica facendo ripartire il mondo dell’arte. Quando sia l’artista sia il
gallerista fanno resistenza nell’epoca dell’immaginazione lacerata e della
tecnoseduzione delle immagini; qualcosa accade, si manifesta. Forse è proprio
questo che fa dell’arte ancora un evento, un vero evento. In
tale contesto è la relazione e non solo
la mediazione che diventa determinante.
F. Correggia, Turn on The light 2015