Wednesday, April 13, 2022

La guerra e il che fare degli artisti

Viviamo in un mondo di catastrofi ma sembra che nessuno se ne accorga. Ce ne accorgiamo quando assistiamo da casa nostra seduti su una poltrona alle ultime drammatiche vicende di guerra dai nostri televisori, dai giornali e dalle cronache. Si accendono di nuovo dibattiti televisivi interminabili. L’onda emotiva prende tutti e molte volte si smette di ragionare. Se qualcuno prova a farlo allora si viene subito colpevolizzati come complottisti, filo russi. La guerra che avviene proprio in Europa ai confini con la Nato fa strage di civili inermi e incolpevoli. Semina terrore e non si sa quando si fermerà. Il rischio è che possa estendersi su tutta l’Europa e tutto il mondo con l’aggravante di uno scatenarsi di una guerra nucleare senza controllo che non avrà né vincitori né vinti; è tutta l’umanità a perdere e ad avviarsi verso un’estinzione di massa. Ciononostante proseguiamo con le nostre abitudini schierandoci come abbiamo fatto con il vaccino anti Covid. da una parte o dall’altra, sostenitori e detrattori. Seguiamo i talk show televisivi, avvertiamo il pericolo ma poi ricominciamo a sragionare, a fare quello che facevamo prima. Bisogna riconoscere e non c’è bisogno degli esperti televisivi per dirlo che ci si trova davanti a quattro grandi emergenze: i cambiamenti climatici, gli immigrati morti in mare, la pandemia che non ha smesso di diffondersi e la guerra che è anche guerra di notizie, di falsificazioni, di immagini. E’ una guerra dove lo schermo, il web, i social, le tecnologie infestano le nostre vite, la fanno da padrone e orientano le nostre idee.
Le povere vittime civili sono esibiti a dimostrazione della ferocia dell’avversario. Ora non c’è ombra di dubbio che la guerra è dovuta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e che le vittime civili uccisi e abbandonate sulle strade sono reali, sembrano vere e proprie esecuzioni e non una messinscena, una fiction costruita appositamente per l’occidente. Non c’è bisogna di una grande intelligenza per ammetterlo come è anche vero che l’invasione non è andata come sperava Putin, ora considerato il più acerrimo nemico dell’occidente. Come forse non era lui l’amico con cui trattare, comprare, scambiare? Certo Putin è da ritenersi senz’altro colpevole non solo della guerra ma di non essere quel maestro di calcoli strategici ed imperialistici cui molti osservatori di politica estera sembravano attribuirgli. Ci siamo sbagliati e solo l’America aveva ragione mettendoci in guardia. Considerazione amara questa ma piena di risvolti, di dichiarazioni e prese di posizioni direi stupide e retoriche come quelle di un guerrafondaio come Edward Luttwak. Un’analisi chiara e approfondita certo andrebbe fatta anche da un punto di vista geo economico oltre a quello geopolitico e militare prima di fare come gli struzzi. Soprattutto occorre che i dibattiti televisivi siano curati con una certa oggettività e rigore scientifico, evitando di invitare sempre gli specillasti del regime comunicativo e della confusione che alterano le notizie ed esasperano gli animi. Ahimè assistiamo invece ancora una volta ad un doppio fronte: quelli schierati per farla pagare a Putin con sanzioni, rifornimenti di armi al paese sotto attacco e quelli considerati pacifisti, non convinti che continuare a mandare armi all’Ucraina sia la soluzione migliore. Gli ultimi considerati pericolosi e contro l’occidente solo perché cercano di ragionare. Sembra anche questo un modo di dividersi terrificante.
Non aggiungo niente sul ruolo dell’Europa che sembra schierata pedissequamente su posizioni di difesa/offesa dei suoi confini, sull’invio di armi e sull’applicazione di sanzioni sempre più dure verso la Russia. Invece che adottare una politica autonoma con una propria difesa, una propria posizione rispetto alla fase di espansione della guerra, una diplomazia più efficace, sembra che l’Europa si adatti alla visione dell’America, alla sua concezione dell’occidente e del mondo. Come si fa a non capire che se continuiamo su questa strada di scontro fra occidente e oriente prima o poi ai nostri confini ci scappa l’incidente e poi cosa facciamo invadiamo la Russia per difendere le nostre libertà, la nostra democrazia? Intanto la flotta russa è già in mediterraneo e le navi Nato sono anche loro lì a fronteggiarla Insomma una follia diffusa.
E l’arte cosa fa oltre ai concerti per la pace? Gli artisti visivi in modo particolare in che modo rispondono? Stupendo, non poteva mancare il solito artista della comunicazione che guarda al domani a ricordarci che l’arte deve tornare nella realtà. Certo, costui ha ragione ma dimentica di dire che la realtà cui forse si riferisce è quella del denaro, del mercato, della moda, della sudditanza dell’arte al potere economico e finanziario e non alla realtà vera, a quella che richiede uno sforzo, una scelta, un impegno. Certo l’arte non può più rimanere ancorata ad una vecchia ideologia borghese, ad una dimensione romantica e ottocentesca, Gli ultimi anni hanno azzerato la dimensione critica, problematica dell’arte, il suo rapporto con la realtà sociale e ambientale. Stranamente essa si è addomesticata. Con la locuzione arte contemporanea ha cessato non solo di rivolgersi alla storia ma anche al pubblico, alle persone, ai problemi. Design, moda, arte e comunicazione sono andati a braccetto dimenticando ogni forma di impegno civile. Che fare?
Né possiamo dire che l’arte contemperane sia estranea ai processi di trasformazione in corso, alle dinamiche del mondo, alle guerre, alle disfatte, alle utopie. Essa, a differenza di quando Mario Merz aveva scritto nel lontano 1969, che fare su una sua opera, non esiste più un pensiero sull’arte. L’arte contemporanea è ovunque in qualsiasi luogo e in nessun luogo. Sfida le leggi della contraddizione, si rivolge a se stessa ripiegandosi nel suo esserci qui nell’istante e nel mercato istituzionali ed economico. Cosa vogliamo di più ora che tutto è in pericolo? Recuperare la vecchia formula del realismo o fare della realtà la bandiera del proprio protagonismo? Continuare a fare pubblicità, invadere Instagram, fare comunicazione trasversale, prendersela con i media?
Davanti all’orrore non c’è una risposta certa e irrevocabile, capace di scuotere le menti, fermare il ritmo e la velocità con cui ci consegniamo al disastro, a questo e ad altri disastri che aleggiano sul mondo, né serve correre in Ucraina a portare soccorso e sperare che qualcuno si accorga di noi come artisti impegnati per la pace. Serve un cambiamento totale delle nostre abitudini, del modo di concepire l’arte, i suoi spazi, le sue tensioni e di essere nella realtà. Occorre una dimensione politica dell’arte, una riflessione, un impegno degli artisti per la pace. Smetterla con le fiere dell’arte e le civetterie, uscire dal regime in cui si è incanalata. Ricostruire piuttosto che distruggere, riguardare la storia. Saperla leggere sarebbe già qualcosa. Infine occorre che l’arte esca dal guscio del contemporaneo, dal regime finanziario comunicativo, dal suo narcisismo autocelebrativo e ritrovi il suo rapporto con i contenuti quel che un tempo si chiamava il senso. Bisogna che si riavvicini al pubblico con pudore e fragranza poetica.
Bisogna che l’arte ritorni a farsi pensiero sul Mondo e pratica del suo stesso fondamento e impari a incontrare l’altro, a riconoscerlo, a diventare strumento critico. La domanda sul che fare ora assume un senso meno neutro, meno generalista ma più consapevole rispetto alle immagini e ai disastri del mondo se ne intravediamo lo sfondo dal quale l’interrogazione si pone. L’autoconsapevolezza degli artisti e la loro presa di posizione rispetto alla guerra e ai disastri incombenti non sono solo realismo, nel senso di un ritorno alla realtà ma responsabilità civile, etica ed estetica. Essere nella realtà significa, dunque, raggiungere una sintesi tra artista, opera, personaggio e momento storico.
Immagini: 1 Francesco Correggia 2 Francisco Goya, Tres de Mayo, 1814 3 Ozu, fotogramma dal film Erbe fluttuanti, 1959 4 Immagine di Zelensky 5 Fuking Hell di Jake e Dinos Chapman, 6 Mario Merz, Che fare, 1969 7 Maurizio Cattelan impiccato presso Massimo De Carlo 8 Francesco Correggia legge Antichi maestri di Bernhard ad un pittore in ostaggio