Saturday, May 16, 2020



                                  


Una specie di sintesi
nella fiera delle banalità.

Mi sembra utile cercare  una sintesi , una specie di resoconto su quello che è accaduto in questi ultimi mesi e di cui  questo blog ha dato notizie e riportato riflessioni.
Siamo nella fase ascendente del Coronavirus, la fase due. Il 18 Maggio inizieranno  le riaperture dei negozi, degli esercizi pubblici e dei ristoranti. Da  Giugno si potrà viaggiare da una Regione all’altra sempre RO (indice di contagio)  permettendo. Nonostante la dimensione pandemica del Coronavirus non sia del tutto passata, tutti pensano si possa tornare alla vita di prima. Purtroppo non sarà così. Dovremmo continuare a tenere la distanza dagli altri, portare le mascherine,  lavarsi spesso le mani e non frequentare luoghi affollati. Anche se con il vaccino potremmo sconfiggere la pandemia, niente sarà come prima nella vita sociale di tuti i giorni anche se le persone continueranno a pensarlo.  I danni economici saranno ingenti e le emergenze di prima, come l’ambiente, il clima, la povertà, l’immigrazione non potranno più essere elusi.  Che cosa è accaduto in questi ultimi mesi in cui siamo vissuti reclusi in casa ? Come sono stati i comportamenti individuali di ognuno di noi ?  Che cosa abbiamo fatto circolare sui social ?

Non è mia intenzione fare un’analisi sociologica  sulla vita quotidiana vissuta in rete e sul suo mondo immaginale ma solo riflettere su quanto è accaduto a partire dal  mondo al quale io stesso appartengo e cioè dal mondo dell’arte. 

         
In che modo hanno operato  gli artisti in questi ultimi mesi ?

Sembra che la dimensione della circolazione dell’arte si sia trasferita tutta in rete e sui social creando una specie di dominio della comunicazione e delle apparenze. Si è trattato di uno spostamento, dalla realtà del mondo dell’arte con tutte le sue implicazioni a quello del tessuto incorporeo dei media tecnologici. I messaggi, le immagini, le dichiarazioni, le interviste, i lavori degli artisti, i video, le performances si sono riversati sui social. E’ sembrata più una corsa a riempire la rete, a inondarla di  foto  e immagini talvolta inconsistenti, partecipando ad una specie di pandemica circolazione del banale che un tentativo di riflettere sulla condizione attuale dell’arte. Non si è trattato  di una cosa molto nuova ma piuttosto di una  focalizzazione sulla congiunzione del particolare e del generale che torna . Come se le nostre attività non fossero  più sottomesse alla stretta dicotomia fra serio e frivolo. Senza dare alla parola un senso molto peggiorativo possiamo dire che in questo trionfo dell’apparire in rete, tutto sia diventato banale o che tutti in quest’ansia narcisistica dell’esserci a tutti i costi, siano caduti nella banalità.  Direi anzi che i freni inibitori, sempre che prima ci fossero mai stati, sono del tutto spariti in questo proliferare di  informazioni, video, intenti, emozioni, immagini e  parole. In questi giorni si è celebrato un rito  della consumazione artistica nella pioggia delle immagini e della ripetizione individualistica. L’affermazione del sé ha prevalso su tutto il resto. Questa sostituzione  dal corpo con la pelle sembra configurarsi come il trionfo dell’apparire, del sensibile e della tecnica iconofila.  


Si è trattato  non di un nuovo soggetto sociale che vede nel corpo una nuova ipostasi, ma di un corpo che non ha sostanza, ossa, fondamento  parola. Esso genera semplicemente la comunicazione autoriproducendosi, perché è presente, occupa spazio . si vede e ne rappresenta l’aspetto tattile, la   pelle. La pandemia è come se avesse scatenato non solo la vanità degli artisti ma anche a rendere emblematico l’indecidibile, tutto l’imprevisto nascosto  nell’universo pandemico. Anche le riviste on line, Artribune è una di queste ,  hanno fatto la loro parte riportando interviste agli artisti, foto delle loro opere nel corso del periodo di isolamento, frivolezze di ogni tipo, aggiungendo al panico, alla solitudine  e alla tragedia vissuta pezzi di informazione standardizzata dei soliti  eletti del protagonismo mediale dell’arte. Le interviste poi ai galleristi sono state penose sia nel modo in cui soso state poste sia nella scelta dei galleristi da intervistare. Sono sempre i soliti nomi, si va da Poleschi a Cannaviello, da Artiaco a Continua, da Poggiali a Minini tanto per fare dei nomi. Per carità ottimi galleristi ma qui la banalità raggiunge il ridicolo poiché le risposte sono già implicite nel tipo di  domande poste su come reagiscono  le Gallerie di arte contemporanea all’isolamento da Covid-19.   La farsa si è sostituita alla verità, la commedia alla realtà.   Forse sarebbe stato meglio, tacere ed esplorare i nuovi confini dell’arte, le possibili rotte, riflettere sulle conseguenze sociali ed economiche che la pandemia avrebbe  portato con sé. Intervistare scrittori, filosofi pensatori, qualche giovane gallerista, insomma qualcuno con idee nuove e che guarda al  futuro.  Sarebbe stato meglio favorire e  approfondire con vocabolari adeguati la discussione e il confronto  piuttosto che pubblicare amenità di un regime della comunicazione dell’arte  che rimane fermo sulle proprie asfittiche posizioni.    


D’altra parte in queste ultime settimane si sono ripetute le lettere e le richieste d’intervento nel settore arti visive  al Ministro Franceschini da parte di Associazioni, Gallerie private, Direttori di Musei,  Critici. Lettere che abbiamo pubblicato volentieri sul  blog e di cui abbiamo condiviso le posizioni e le richieste come quella di Alberto Fiz che è stata la più puntuale nel panorama delle indecenze che si sono dette sull’argomento. Non voglio perciò in questo caso aggiungere nulla su quanto è stato scritto a proposito.  Semmai ciò che va ancora rimarcata è la totale mancanza di sensibilità, di conoscenza di un settore come quello dell’arte contemporanea assolutamente sottovalutato non solo adesso ma già da prima del Coronavirus. Forse  si tratta di una semplice sottostima da parte del Governo e del Ministro. Oppure egli non sa, né vuole sapere che cosa s’intende per arte contemporanea e la sua dimensione operativa ed economica la quale  influisce non poco nelle dinamiche socio economiche di un paese come il nostro. 



L’emergenza è solo per quei settori considerati strategici per la cultura come il turismo, lo spettacolo, il teatro, il cinema come se il mondo dell’arte non avesse al suo interno i suoi lavoratori, le sue articolazioni,  distribuzioni, le sue dimensioni professionali oggi imprescindibili e non portasse con se sviluppo, economie  e nuovi lavori. Tutto ciò è sorprendente. Non una parola è stata spesa per il settore delle arti visive, non un gesto, non una considerazione. Neppure è stato espresso il cordoglio per la morte  a causa del Coronavirus del grande  critico d’arte Germano Celant che ha fatto conoscere in tutto il mondo l’arte povera italiana. Ancora più tragica è la generalizzazione che si è fatta e si continua a fare nel mettere insieme nel medesimo Ministero mondi  assolutamente diversi e a volte inconciliabili anche se li si volesse semplicemente assumere sotto il termine di attività culturali . Basti leggere  la denominazione pleonastica, incandescente che definisce il Ministero di cui è a capo il Ministro  Franceschini. Essa suona:  Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, noto anche con l'acronimo MiBACT,  dicastero del Governo della Repubblica italiana preposto alla tutela della cultura  dello spettacolo , e alla conservazione del patrimonio artistico e culturale e del paesaggio.  Perché non aggiungere qualcos’altro per esempio la difesa  delle pelli, del cibo, la ristorazione, lo svago, la conversazione,  il sesso ?  E’ il gioco consueto della cultura di massa che fanno i politici nostrani. Per eludere la complessità, le differenziazioni si mette tutto insieme in un calderone, in una brodaglia indistinta. Tutto deve essere ridotto a  banalità, nell’indistinto,  nel vuoto delle apparenze come aveva scritto il sociologo Michel Maffesoli nel 1990.   

Queste generalizzazioni corrispondono anch’esse alla pelle delle parole, del corpo, ad uno schema ideologico tragico  che si traduce in semplici procedure di gestione, di contabilità e persino di moralità. Penso  invece  che le richieste pur legittime   che si sono fatte in questo periodo di emergenza pandemica dovranno  costituire la base di una trattativa con il Ministero anche per il futuro. Gli interventi nel settore delle arti visive non possono concludersi con provvedimenti generici come l’Art Bonus esteso  anche a cori, concerti, circhi e spettacoli viaggianti o l’estensione  dei 600 euro per i lavoratori dello spettacolo e il fondo alla cultura. Tali  interventi  non risolvono il problema specifico  dello stato dell’arte in Italia e della crisi che lo attanaglia, dalle Gallerie ai Musei dell’arte contemporanea, agli artisti e agli editori. Occorre, dunque,  un modo nuovo di intendere il sistema delle arti visive in Italia e di farlo ripartire in una logica internazionale.   
                      
L’Italia continua comunque ad andar fiera  del Rinascimento, dei musei , dei suoi patrimoni paesaggistici, dei suoi artisti,  peccato che non fa niente per loro,  per la cultura visiva del contemporaneo e per la stessa natura. E’ vero gli artisti sono la catena più debole del sistema dell’arte ma è anche vero che sono sempre loro che per prima aprono un sentiero, uno spazio, nonostante tutto il loro narcisismo, la povertà,  la pandemia,   il centro solitario di un cerchio di solitudine
Un’opera d’arte,  un quadro con i suoi oggetti pieni di segreti, una performance sono  li come l’apocalisse, come se realizzassero i pensieri notturni e poiché nella loro   uniformità e illimitatezza non hanno  per sfondo che la cornice o lo stesso gesto   dell’accadere   chi  guarda ha l’impressione che gli siano state recise le palpebre. Nondimeno l’artista anche con le sue contraddizioni, ha indubbiamente aperto una strada.

Ciò che l’arte, anche quella chiamata contemporanea,  comunica nel proprio orizzonte è l’unità di uomo e lontananza, il ritorno del sensibile nell’intelligibile, del molteplice nella singolarità. Questo ritorno  nell’ovunque possibile è terra del desiderio ed è per questo che l’arte deve vivere.
Per il resto le Gallerie riapriranno dal 18 maggio con gli orari consueti  e tutto sarà come prima oppure   meglio di prima. Almeno lo si spera.


Immagini
1  Ritratto di Francesco Correggia
2 Francesco Correggia Covid -19 , collage su cartone, 2020
3 Vito Acconci, Installazione scenic design, 2012
4 Franceschini invitato da Fazio 
5 Ritratto di Germano Celant
6 Galleria Battaglia durante il Coronavirus 

            



Friday, May 8, 2020






                


Lettera aperta a seguito di  quella indirizzata al Ministro Franceschini dall’Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e contemporanea.

Dopo la lettera al Ministro Dario Franceschini ad opera del Gallerista Antonio Battaglia pubblicata sul mio blogspot giorno 3 maggio 2020, francescocorreggiablogspot.com della quale in tanti  artisti abbiamo condiviso il senso e che ha raccolto adesioni importanti anche da parte di molti critici, collezionisti e operatori del settore, Artribune ha diffuso la lettera dell’ANGAMC Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea a firma del suo presidente Mauro Stefanini.

La lettera indirizzata anch’essa al Ministro rivendica il ruolo strategico che le gallerie hanno da un punto di vista economico e produttivo.  Presente dal 1964 l’Associazione, considerata un sindacato delle gallerie d’arte di rilievo, in questa lettera mette in evidenza come la crisi vede strangolate la possibilità di sostenibilità e ripartenza per questo settore rivolto in maniera specifica alle vendite di opere. Il riferimento al settore commerciale, alberghiero ristorativo e fieristico cui la lettera fa riferimento è del tutto fuorviante e non rende giustizia dell’importanza che le Gallerie hanno da un punto di vista culturale e socio economico. Le fiere dell’arte generano per le gallerie affari circa per il 70 % dell’intero fatturato prodotto dal comparto economico che le gallerie rappresentano.  Si legge nella lettera che l’inattività di questo periodo e la conseguente perdita di entrate rendono sempre più difficile per le medesime supportare i loro dipendenti e i loro artisti ora che il meccanismo fieristico si è interrotto. Ma come sono soltanto le fiere a determinare l’assetto produttivo e l’importanza delle Gallerie nel sistema dell’arte?

La lettera prodotta dall’Associazione appare insufficiente soprattutto perché parte da un’Associazione che dovrebbe rappresentare non solo la Galleria come impresa ma anche come luogo in cui si scambiano esperienze i diversi soggetti della cultura e del mondo dell’arte: artisti, collezionisti, critici, storici scrittori, pensatori, editori.  Già da tempo il Mondo dell’arte e mi riferisco soprattutto all’Italia è dentro un pantano generalista e sempre più associato alle logiche di un mercato affidato esclusivamente a finalità commerciali e fieristiche di basso profilo dove si importano piuttosto che esportare opere d’arte.

Gli artisti italiani capaci di competere a livello internazionale con i loro colleghi già presenti nel panorama consolidato del mercato internazionale sono discriminati proprio a causa della mancanza di confronto, di strategie adeguate a farli conoscere, a promuoverli a renderli visibili sul piano internazionale. La logica con la quale l’Associazione richiede interventi urgenti come la concessione di esenzioni, momentanei blocchi dei pagamenti di mutui e utenze, la proroga dei pagamenti F24 e altre eventuali imposte, e ancora interventi come l’art Bonus, IVA primo mercato, IVA importazioni, Siae diritto di seguito peraltro già operante anche per gli artisti visivi è vecchia e inadeguata ad una vera richiesta di sostegno pubblico nel tempo dell’emergenza.  L’art bonus poi è destinato alla manutenzione e restauro di beni culturali pubblici non privati fatto da donazioni. Esso ha una natura diversa rispetto ad un eventuale sostegno al mercato dell’arte che deve favorire, gli artisti, i collezionisti e i galleristi e gli stessi editori.  

E’ giusto e legittimo che si richiedano soluzioni in un settore che sembra abbandonato a se stesso. Ma questi interventi devono fare parte di un insieme di provvedimenti immediati che servono a costruire un progetto efficace per il futuro, e non solo da attuarsi in base allo stato attuale di crisi. La vera questione semmai sarebbe quella di attuare interventi strategici che ridiano significato, slancio e visione alla dimensione culturale, operativa, internazionale del sistema dell’arte nel suo complesso, sostenendo iniziative altamente significative nel panorama della circolazione dell’arte e del suo rapporto con l’economia di un paese come l’Italia. Basterebbe per esempio che lo stato stanzi una somma per l’acquisito  di opere delle Gallerie e degli artisti residenti in Italia costituendo così una propria  collezione o ancora emanare una legge che favorisca il collezionismo con incentivi e sgravi fiscali. Fra l’altro norme che già funzionano in altri paesi Europei.


Va ribadito comunque il concetto che, non sempre mercato e cultura vanno insieme e che la logica produttiva e commerciale a cui si richiama la lettera non è sempre adeguata alla dimensione di ricerca, e al ruolo che alcune Gallerie svolgono nel promuovere e diffondere l’arte contemporanea italiana ma anche rispetto al ruolo culturale che le medesime svolgono nel proporre la ricerca dei loro artisti.

A livello internazionale ormai le Gallerie operano sempre in sintonia con le Istituzioni museali di Arte contemporanea, Fondazioni, Archivi, Centri di Ricerca, svolgendo un ruolo di primo piano nella selezione degli artisti e delle opere che sono sempre di più testimonianze del proprio tempo e narrazioni veritative della cultura visiva e della realtà di un paese ma anche di un’immagine del mondo. Ridursi a chiedere interventi di aiuto e di sostegno alle Gallerie e di conseguenza anche ai dipendenti e agli artisti va bene ma non va bene in sostanza la limitata visione culturale a cui la lettera si richiama nel mischiare logiche di mercato meramente commerciali esistenti ancor prima del coronavirus a dimensioni che hanno a che fare con la ricerca, la cultura visiva, la storia, l’opera, la finalità del fare arte, l’attuale economia finanziaria del mercato dell’arte.

Già prima della pandemia la dimensione fieristica dell’arte era entrata in crisi come erano entrati anche in crisi alcuni aspetti della sua circolazione,  delle  vendite on line e delle aste televisive di opere d’arte. Ora proprio al tempo in cui occorrerebbero riflessione, pensiero, sospensione e attenzione anche da un punto di vista di sostegno alle imprese a cui le gallerie appartengono mescolare tutto insieme è un danno anche da un punto di vista socio economico e non solo culturale.

Sarebbe importante proprio in questo delicato momento dire che l’economia di un paese non si misura sempre con i mercatini, il turismo di massa, le vendite on line, le aste, gli apparti fieristici ma con un serio approccio sulle cose, con la capacità di saper cogliere i cambiamenti e le energie che senza dubbio gli artisti e tutto il mondo dell’arte sono capaci di mettere in campo.  

Il vero sostegno alla ripresa, dunque, viene da interventi che aiutino davvero Gallerie, artisti e operatori del settore a migliorare lo stato di disagio in cui le stesse oggi vivono questa crisi. Tale sostegno va inteso in una direzione nuova e rispondente alla dimensione internazionale del sistema dell’arte, quella di una virtù nuova, un valorizzare l’opera, le conoscenze, la dimensione ontologica e teorica dell’arte.

 Ciò è possibile se al contempo  si è  capaci di operare a livello internazionale con  proposte, progetti, ricerca ma anche con la capacità di sapere interpretare il Mondo in cui viviamo e coglierne le novità, le possibilità e il destino.

Francesco Correggia
Milano 7 Maggio 2020

Immagine : Francesco Correggia, la falsa idea di progresso,  cartone e libro, 2020 







Sunday, May 3, 2020







Pubblico volentieri la lettera indirizzata al Ministro Franceschini e a tutti gli operatori del settore Arti Visive sulla situazione attuale in cui  versano le Gallerie, gli artisti, i critici . La lettera assume un significato importante poiché si ribadisce il ruolo che le Gallerie svolgono non solo all’interno del Mondo  dell’arte ma anche rispetto alla cultura e in particolare alle conoscenze sul contemporaneo . Le Gallerie sono una componente essenziale nella diffusione dell’arte e operano di concerto ai Musei e alle altre Istituzioni pubbliche, supportandole nelle loro scelte. Discriminarle oltre ad essere un grande errore e un danno per il nostro paese da un punto di vista economico,   rivela  una mancanza di sensibilità e di conoscenza del sistema internazionale dell’arte Moderna e contemporanea. Occorre distinguere il mercatino a cui l’ottica meramente commerciale ci ha abituati  dal vero mercato dell’arte il quale  si svolge all’interno di regole codificate che sono sempre legate alla qualità dell’opera, alla cultura visiva  e al ruolo che le Gallerie svolgono nel far conoscere gli artisti,  a difenderli e a farli circolare in contesti Internazionali.  Condivido come artista e intellettuale  il contenuto della lettera e sono certo che il Ministro ne terrà conto.

Alla cortese attenzione del
Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
Dario Franceschini

Egregio Ministro Franceschini,

in questo delicato momento storico di emergenza sanitaria in corso le gallerie d’arte moderna e contemporanea non sono abbastanza supportate per il ruolo culturale e turistico che ricoprono.
A mio vedere andrebbero incluse in parte dei provvedimenti rivolti al sostegno alla cultura, ai musei e alle mostre, per il tipo di attività che svolgono, non puramente commerciale. Purtroppo invece dell’attività delle gallerie non si parla molto. Quando ad esempio si annuncia la riapertura di musei e mostre dal prossimo 18 maggio, le gallerie non sono citate perché codificate soltanto nel settore del commercio al dettaglio.

Le gallerie hanno contribuito enormemente allo sviluppo della storia dell’arte in Italia, dalle avanguardie del Novecento ad oggi, creando sorprendenti collezioni che hanno dato la possibilità di arricchire i molti importanti musei da nord a sud del nostro straordinario paese.
Comprare un’opera d’arte di qualità di un artista riconosciuto non significa fare solo commercio, ma significa sostenere e preservare un bene culturale, un quadro, una scultura, un disegno, una grafica, o una fotografia, frutto dell’ingegno intellettuale di una disciplina del fare, inteso nell’unicità della manualità al servizio dell’espressione di un linguaggio artistico universale, peculiarità questa tutta italiana. I musei stessi acquistano opere d’arte dalle gallerie.

In questo momento storico ci siamo accorti tutti della potenza comunicativa delle immagini e della creatività degli artisti che con la loro visione ci fanno guardare avanti oltre le apparenze.
Tutto questo mondo viene valorizzato e divulgato giorno per giorno dalle gallerie d’arte. Nei luoghi nevralgici e storici delle città italiane, i galleristi investono e credono negli artisti che rappresentano, partecipando anche alle fiere che dagli anni Settanta presentano opere di livello museale.

Egregio Ministro, insieme a tutti i miei colleghi e agli artisti che rappresentiamo, faccio appello, nel rigore della ricerca artistico culturale che ci accomuna, di trasmettere questo messaggio al Governo Italiano perché aiuti le nostre attività anche sul piano culturale.
Avendo già Lei mostrato vicinanza per gli artisti dello spettacolo, Le chiedo di rivolgere un pensiero anche agli artisti visivi di cui le gallerie sono rappresentanti. Chi meglio delle gallerie può sostenere la causa di questi artisti? L’auspicio è quello di una nuova rinascita dell’arte e della cultura.

La ringrazio per la Sua attenzione e per l’ascolto che presterà a questa lettera.

Con i miei più cordiali saluti,

Antonio Battaglia