Saturday, July 23, 2022

una tragica follia

Ecco, il piatto è servito caldo. Fra due mesi il 25 settembre si andrà al voto anticipato. La campagna elettorale per le elezioni politiche si prevede arroventata come lo è l’estate di quest’anno in cui tutti noi, abbiamo compreso che il clima è mutato, che i cambiamenti climatici e la guerra in corso saranno pesanti con conseguenze inimmaginabili per la nostra economia malata e per la nostra vita. Per la fine della legislatura bisognava aspettare ancora sei mesi e poi si sarebbe andati a votare normalmente, come accade in tutti i paesi democratici e non ci sarebbe stato nessun rinvio come blandito falsamente dalla destra erede del fascismo, quello sì antidemocratico.
Avrei voluto continuare a scrivere sull’arte contemporanea e sul suo mondo ma ahimè mi accorgo sempre di più che una questione come quella dell’arte non può essere elusa se non come logica conseguenza dell’altra, quella sociale, politica ed economica come bene aveva intravisto Gyorgy Lukacs. Il principio che le sostiene infatti e le fa andare verso una deriva, quella dell’arte a volte necessaria, quella della politica disastrosa e inconcepibile è la mancanza di ragione. Si potrebbe dire di quella ragione erede di grandi tradizioni del pensiero filosofico greco, illuminista oppure quella del principio della ragione sufficiente che come scriveva Leibnz: per colui che conosce abbastanza bene le cose, si può dare una ragione che da sola è sufficiente a spiegare una realtà di fatto. Nel nostro caso non c’è né l’una né l’altra.
Il governo Draghi è caduto senza nessuna ragione plausibile e sufficiente se non quella di andare in tempi rapidi alle urne. Due gli argomenti, entrambi cagionevoli, sostenuti a supporto di questa tesi, quello dei 5 stelle che devono rifarsi una verginità di partito popolare, sociale, addirittura progressista, attento ai bisogni delle masse e quello della logica del centro destra spinto dal partito della incandescente Meloni che, sondaggi alla mano, intravede la vittoria alle urne. Berlusconi vecchio volpone ha intuito la possibilità di vittoria e fa retromarcia con una specie di trappola, un escamotage, levando l’appoggio al governo che lui aveva favorito e voluto nello spirito di un patto politico di emergenza perfino con i 5 stelle nel nome della salvezza del paese e del liberismo economico. Ho ragione di credere che sia stata la possibilità di vincere e tornare al centro della politica e non quella della governabilità del paese, della sicurezza, di una politica per famiglie e imprese la vera motivazione della scelta di Berlusconi e Salvini. Proporre con candore mirabile un governo Draghi bis senza i 5 stelle così come ci è stato detto era solo una furbata da parte del volpone incontinente per scaricare Draghi. Ancora Berlusconi? Ebbene sì. Con tutta la mia simpatia per l’uomo sempre circondato da belle donne eterno e nucleare che non invecchia mai mi sembra che sia proprio lui la vera iattura per l’Italia, la sua continua ansia di protagonismo, di pedante formicolio mediatico. Non faccio il politologo ma basterebbe riesaminare la storia di questi ultimi trenta anni per capire perché.
Ma non è questo il punto. Io non ho condiviso molte iniziative del governo Draghi, il green pass, la politica estera ma ho sempre ritenuto fosse un uomo corretto, con una sua impostazione tecnica bancaria ma anche morale, un uomo di principi e con le idee chiare. Un signore d’altri tempi precipitato nella politica, spinto dal nostro Presidente Mattarella per rispondere alle inadempienze e incapacità della stessa politica. Era logico, dunque, supporre che senza il consenso parlamentare di tutta la maggioranza e senza la possibilità di prendere delle decisioni per il bene del paese si sarebbe dimesso.
L’incarico di Draghi non era prettamente politico ma era più legato ad una dimensione contingente di scelte urgenti che proprio la politica o meglio i partiti non avevano saputo prendere come la lotta alla pandemia, l’attuazione del Piano nazionale Ripresa e Resilienza, le riforme necessarie per l’accesso ai contributi europei, il caro bollette, l’inflazione, il decreto aiuti, l’autonomia energetica. Tutti nodi su cui c’era convergenza. Anche la famosa agenda Conte su cui i 5 stellati hanno puntato i piedini sarebbe stata materia non solo di discussione ma di provvedimenti da prendere sempre all’interno di una larga convergenza. Cosa ci si aspettava che Draghi dicesse sì va bene attueremo le vostre proposte che, badate bene, erano già contenute negli interventi da prendere anche se non condivisi da tutta la maggioranza, oppure un sorriso di consenso, una manata sulla spalla? La risposta di Draghi non poteva essere di assenso politico su quei punti che, sembravano dettati più da una logica elettorale che di un vero impegno a risolvere gli impegni in agenda, ma quella di una richiesta di fiducia, un richiamo alla responsabilità a continuare, di un nuovo patto che emergeva dall’impossibilità di gestire una maggioranza sempre più rissosa e irragionevole. Il suo rivolgersi al parlamento con la domanda: siete pronti? Non era solo un richiamo ma un segno di disponibilità verso una rinnovata fiducia. Evidentemente le ragioni della sfiducia erano ben altre.
La credibilità di Draghi era indubbia sul piano internazionale e per un breve periodo abbiamo potuto pensare, anche se non eravamo sempre d’accordo con lui per la troppo marcata politica atlantistica, che l’Italia comunque stava diventando un paese europeo che rispettava gli impegni presi. Ora la domanda che ci si pone è: perché farlo cadere proprio adesso questo governo, pur così fortemente auspicato da tutti, salvo dalla valchiria Meloni mentre il teatrino dei partiti e della politica italiana si ripropone con tutte le sue logiche infernali di protagonismo individuale, di narcisismo spettrale.
La faccia melliflua di Giuseppe Conte, il comico incazzoso Beppe Grillo che ricomincia a sbraitare, la solidità grottesca di Salvini, la macchietta furbesca di Berlusconi che ancora promette agli italiani programmi avveniristici e senza precedenti sono l’espressione formale e il corollario di quest’altra pandemia politica in piena crisi energetica, con una guerra in corso e il pianeta arroventato. Che cosa ci riserva il futuro? Proviamo a immaginare che cosa ci aspetta in questi due mesi. Insomma come abbiamo fatto a non interpretare, a non capire, decifrare i segni di questo spettacolino mediatico ora che tutto va in rovina. Dovevamo capirlo fin dai tempi dell’elezione del Presidente della Repubblica che questa maggioranza era artefatta non riuscendo ad esprimere una personalità rilevante nuova e fuori dai giochini politici e che tutto dopo sarebbe andato a rotoli.
Certo, ormai non sappiamo più comprendere i segni, leggere le cose più immediate, non sappiamo più decifrare le immagini, comprenderle, svelarle. Siamo stati sottoposti a una brillante opera di seduzione, di annientamento delle menti, ottenebrati dai media e dalla televisione. La nostra dimensione estetica si è azzerata nella moda e nel design, la capacità interpretativa delle immagini è evaporata nel consenso e nella chiacchera. Veniamo da anni di dominio incontrastato della volgarità e della bugia, di protagonismo giornalistico, schiavi dei padroni della rete, succubi di un cogito teatrale che ha messo al bando tutti gli strumenti giuridici e scientifici che permettono agli umani di pensare.
Andare a votare ora e non fra sei mesi a fine legislatura con tutte le problematiche in corso e le questioni da risolvere appare non solo come una follia, aggiungerei un tradimento, una mancanza di etica, un voltafaccia inutile e barocco. E poi non è vero che questo governo rimanendo in carica fino alle elezioni si prenderà cura di noi, porterà a compimento i suoi impegni. Questa è un un’altra bugia pronta all’uso per poveri ingenui, per quelli che devono fare i conti con la realtà di tutti i giorni, con la povertà e le rinunce. Come è una bugia pensare che con le prossime elezioni ci possa essere una maggioranza vera, capace di governare questo ingovernabile paese.
Il segno di questi tempi è proprio la mancanza di estetica, di progetto e non solo di etica, basta guardare le immagini e i volti di questi parlamentari ottenebrati da loro stessi, dalle loro smancerie, dalle parole senza senso, dai proclami dei capi di partito. La cultura si è suicidata. L’arte sta diventando una promessa virtuale, digitale di mondi magnetici funerei, bigotti, di tecnologie blockchain e NFT che dovrebbero garantire autenticità e trasparenza. Dove? in quale mondo? quello del mercato, delle vendite on line o quello della veridicità dell’opera d’arte, quello della virtù della politica e dell’etica, ancora Mondo mentre il pianeta brucia? Pensare che con le elezioni del 25 settembre si risolvano le questioni di rappresentabilità, partecipazione al voto dei cittadini e governabilità del nostro esausto paese è anche questa una grande, tragica menzogna.
Immagini: 1 Francesco Correggia 2 Mario Draghi al senato 3 René Magritte, lovers, olio su tela, 1928 4 Dora Garcia, The Joycean Society, Biennale di Venezia, 2013 5 Siccità: il greto di un fiume 6 Alberto Burri, Cretto, 1970 7 Francesco Correggia, garza insanguinata sul libro: dottrina della scienza di Fichte, 1977 8 Koržev Gelij Michailovič Il nuovo slogan Olio su tela 1998 9 Gustave_Caillebotte, i piallatori di parquet olio su tela 1878 10 Julian Schnabel Nothing be gained here, 2022 11 Universo, le utime immagini 11 Francesco Correggia, Luna, olio su tela, 2021