
L'editoria e i libri
Quasi ogni mattina mi
reco al RED, bistrot libreria in Porta
romana. Mi siedo al tavolo, prendo un cappuccino e consulto i libri esposti
nelle vetrine. E’ un’abitudine che mantengo fin dai tempi in cui abitavo in via
Faruffini. Anche in quel caso era la Feltrinelli in piazza Piemonte ad essere
la meta delle mie peregrinazioni mattutine. Queste buone consuetudini non sono
venute meno anche se lo scoramento e il disgusto per i titoli e gli autori
esposti sugli scaffali in bella evidenza continua a tormentarmi. E’ così anche
adesso. Di solito cerco di individuare qualche nuovo autore ma poi non appena
comincio e mi inoltro fra le pagine del libro la noia e la rabbia continuano ad
alimentare il mio disgusto. Cosa sono questi libri? Chi li ha scritti e perché
mai sono stati pubblicati?
Che ormai non ci sia
più una buona letteratura o una scrittura che sappia raccontare senza usare
frasi leziose e retoriche è ormai una questione che scopre i nervi scoperti
della cultura italiana che non sa più pensare, parlare, raccontare. Molti dei
libri esposti con così grande cura insieme a libri con dei titoli suggestivi
sono scritti da giornalisti televisivi, scrittori mediocri che appaiono in
televisione, vecchie volpi della società dei consumi e dei media, opinionisti dell’ultima
ora, falsi sciamani, urlatori e cialtroni.
L’elenco sarebbe lungo ma
per il lettore avveduto è facile individuarli. Faccio solo alcuni nomi: si va
da Augias a Concita De Gregori e Chiara Gamberale,
da Elena Ferrante a Mauro Corona, da Alessandro
Baricco a Gianrico Carofiglio, da Sgarbi
a Giovanni Floris da Michela Murgia a
Ferruccio De Bortoli. Tutti
sempre in televisione a partecipare a un
qualche dibattito e a pubblicizzare i loro libri. Si invitano tra loro senza
alcun ritegno. Gli editori li pubblicano
perché fanno cassa, sono conosciuti, esaltati, decantati, ammirati. Tutti pubblicano
libri, dalla presentatrice, al magistrato, dall’opinionista al cantante ma nessuno
è davvero uno scrittore che si avvicina alla letteratura. Basta essere nel sistema integrato televisivo e mediale che
il libro viene pubblicato e pubblicizzato mentre gli altri scrittori, quelli fuori
dal sistema dei media, anche se originali e bravi devono aspettare oppure
essere rimandati all’infinito o ancore peggio annichilirsi e morire.
Tutto questo, blocca
ogni crescita, ogni nuova possibilità. Il sistema non si rinnova ma rimane
chiuso in se stesso. Una situazione del genere non solo è scoraggiante ma è
anche pericolosa. Autoalimentarsi senza rinnovarsi crea un regime, una
dittatura. Spesso i messaggi che arrivano dai media si confondono con le
scritture di questa orda di nuovi tecnocrati della narrativa contemporanea. Non ho alcun dubbio che i libri di questi celebrati divi si vendano, siano richiesti, esibiti anche se
ottenebrano, accecano le menti di chi li
legge e li compra. Leggere buona letteratura ormai è diventato difficile, quasi
impossibile, bisogna passare nel
retrobottega delle librerie, cercare fra scaffali polverosi e nascosti. Per trovare
l’Uomo senza qualità di Robert Musil o La Recherche di Marcel Proust per non parlare di autori come
Carl Ove Knasusgard, Roberto Bolano, Julio Cortazar, Mario Tobino, Giovanni
Arpino, Giuseppe Berto, bisogna esplorare percorsi quasi segreti o rivolgersi
al commesso che il più delle volte ti risponde: per il momento non lo
abbiamo ma lo faremo arrivare.
La domanda si ripropone:
siamo proprio in un regime mediologico, in una società globale dello
spettacolo, feroce e maligna che fa saltare il linguaggio e distrugge la lingua
parlata come aveva anticipato Guy Debord,
oppure siamo in un mondo dove la cultura, l’estetica e l’arte rispecchiano la nostra società, i
suoi processi di produzione capitalistica come
aveva scritto György Lukacs ? Direi proprio
che è così . Il tecnocapitalisno finanziario vive di questi stereotipi, modelli a cui sottostare alimentando la
sottocultura, la falsificazione a tutto spiano. Capitalismo, media, potere, sesso e apparizione si riconcorrono nella logica di un nuovo populismo, dell’ingiustizia, della violenza.
L’assedio è totale e
investe tuti i mezzi di comunicazione. Non ho vergogna ad affermare che guardo
spesso la televisione, soprattutto la sera, prima di addormentarmi. Guardo
soprattutto qualche buon film o qualche programma di storia ma spesso mi capita
di guardare programmi di conversazione politica, di attualità. Orami debbo
eliminare alcuni programmi come Carta Bianca di Bianca Berlinguer. Non sopporto più di veder Mauro Corona,
scrittore, alpinista e scultore ligneo, un invenzione catastrofica della sinistra italiana.
Egli appare come una star, vestito come un pirata, sebbene oramai frequenti e
soggiorni in alberghi di lusso, altro che boschi. Mario Giordano nel suo programma: Fuori dal coro grida, salta, sbraita come un ossesso dello spettacolo, anche lui ha capito che per
farsi ascoltare occorre non essere fuori
dal coro ma nel coro come gli altri personaggi televisivi, gridare, esaltarsi,
ingiuriare.
Sempre più sono i
libri di costoro ad essere esposti a bella posta tra le novità librarie. E’ un vero e proprio tormentone, un festival
delle banalità. Tra i programmi che fanno informazione pubblica, come non
citare Agorà, per il suo soporifero e prevedibile confronto politico o Che tempo che fa con Fabio Fazio. Anche in
questo ultimo vengono invitati
personaggi illustri da Saviano a Turturro. Per darsi un tono si invitano alcuni mistici della cultura italiana, anche questi
sempre gli stessi; Il Filosofo Cacciari,
Fusaro, Rampini, Sgarbi anche loro a recitare il loro credo, a farci la
lezioncina filosofica, letteraria. Ma qui almeno si usano parole discrete. Le
credenze si mischiano con la letteratura. Sfuggire diventa quasi impossibile,
bisogna ascoltarli anche se dicono banalità a meno che non si voglia cambiar paese e andarsene lontano. Ma dove ?
Da qui emerge un’altra
questione cioè l’identificazione nefasta fra comunicazione e informazione,
immagine e realtà. Fare comunicazione non è la stessa cosa che fare
informazione. Si può benissimo comunicare qualcosa di falso. La pubblicità e la
comunicazione vanno a braccetto creando una specie di onda lunga del falso
(fake news) che invade la vita
quotidiana. Un’altra cosa è fare informazione. L’informazione ha sempre a che
fare con ciò che accade, è accaduto, con ciò che è reale, che deve essere
verificato e diffuso. Informare
qualcuno su qualcosa dovrebbe avere un carattere eminentemente oggettivo,
scientifico.
L’informazione va
dall’emittente al ricevente attraverso un canale, codici di riferimento
condivisi, una verifica dei codici che un tempo erano verbali e ora sono anche
visivi. L’oggetto dell’informazione deve essere riconosciuto, accertato, verificato,
dalle parole, dal linguaggio, dai fatti.
L’informazione attiene quasi sempre qualcosa di nuovo e di veritativo, qualcosa che deve essere saputa, conosciuta.
Purtroppo anche per quanto attiene l’informazione c’è una manipolazione.
Essa è
possibile attraverso le nuove tecnologie elettroniche che modificano l’immagine
e la rimettono in rete, falsificando la realtà. Le parole non fanno altro che
rivestire l’immagine di apparente verità . Ecco perché dobbiamo sempre di più
controllare l’immagine, saperne di più. Esercitare il diritto all’informazione
è importante ma occorre anche verificarne i contenuti, la provenienza, le
immagini, le parole, le manipolazioni tecnologiche.
Purtroppo non abbiamo
nessun paradigma a cui richiamarci e perciò crediamo a tutto quello che ci
viene propinato. Siamo da soli. La sparizione dei paradigmi corrisponde anche a
una banalizzazione della storia e alla sua contraffazione. E’ in questo modo
che s’inquinano non solo il pianeta ma anche il nostro modo di pensare, di
vivere. L’ecologia dovrebbe passare anche dai nostri modi di pensare e guardare le
cose. Purtroppo non è così.
Di chi è la
responsabilità di questo disastro, di questa mediocrità inter mediale, di questo strapotere
dei media, di questa messa al bando della buona letteratura oggi che si parla sempre più spesso di
sostenibilità, di lotta all’inquinamento ?
La responsabilità va
ripartita su vari piani: quella dei media televisivi, di internet delle reti
sociali, mi pare abbastanza evidente.
C’è poi la responsabilità
degli editori appiattiti alla logica del
mero commercio, così come accade nel mondo dell’arte. Le gallerie,
le fiere dell’arte, le aste sono diventati luoghi ciechi della falsificazione, della copia,
della banalità, dello spaccio di merce di basso profilo estetico, critico e artistico. I cosiddetti
artisti cortigiani del sistema economico
finanziario sono corresponsabili di questo abbassamento del livello, critico ed
estetico.
E’ palese la responsabilità di alcuni personaggi
politici che hanno provveduto ad identificarsi con lo spettacolo integrato
della comunicazione eliminando ogni apparato critico, teorico di lettura delle
immagini e ogni pensiero capace individuare
la complessità dell’epoca attuale e le derive razziste che ad esso
corrispondono. Una responsabilità delle istituzioni che sono conniventi con chi
esercita il potere del controllo delle masse e dell’opinione pubblica. C’è
ancora il ruolo della scuola e dell’educazione che non aiuta i giovani a
pensare in maniera riflessiva
Responsabilità grave della pubblicità che crea stereotipi
falsi, modelli di riferimento erronei. Un
giornalismo senza alcuna dimensione etica a volte irresponsabile e corrotto.
Tutto questo
paradossalmente non solo blocca un paese e il suo modo di esprimersi e guardare
le cose essenziali, ma favorisce la
corruzione, inquina la nostra società
nel profondo e lo stesso pianeta. Da qui dovrebbe partire una ecologia globale,
sana e responsabile, dal linguaggio, dalle cose che diciamo e scriviamo, dal
modo di raccontare. Forse occorrerebbe un ospedale delle parole,
una specie di pronto soccorso della lingua dove la parola ritrovi la sua natura
originaria, la sua nobilita e sapienza.
Per quanto attiene i
libri e la letteratura bisogna infine comprendere che essi sono la chiave insieme al
mondo dell’arte per capire l’epoca in cui viviamo. La letteratura non è solo
racconto del reale ma di ciò che sta dietro
quel che sembra reale. Il suo
compito sarebbe quello di smontare le credenze a cui siamo legati ed aprici ad un pensiero riflessivo che appunto
sappia dirsi e tradursi in scrittura, in racconto. Sappia cioè guarirci dal
male oscuro della banalità e della
mediocrità che imperversa nel nostro be paese.
Immagini:
1 Francesco Correggia in ospedale
2 Gaz a tous
les étages
3 Marcel
Duchamp, perché non starnutisce
4 Libreria Feltrinelli interno
5 Giuseppe Chiari, i sei scalini sono la musica,
1979
6 Hanna Hoch, address book
7 Mauro Corona
8 Hugo Ball, Almanacco
9
Kurt-Schwitters Haus Merz House Merz
1920 Photograph Archive
10 Michela
Murgia
11 Robert Musil
12 Marcel Janco,
ballo a Zurigo, 1917
13 Tristan Tzara
14 Theo van Doesburg, la rivoluzione dadaista
15 Francis Picabia , occhio cacodilato 1917
16 Water Benjamin,
una pagina del libro : Sul
concetto di storia
17 Francesco Correggia, dicente. 2019
Interessante questo articolo e ahinoi molto realista e drammaticamente attuale. Condivido in particolare il paragrafo riguardante i giornalisti - urlatori e di come certe trasmissioni politiche, un tempo condotte anche dagli stessi giornalisti in modo però più pacato, sobrio e lucido, oggi siano fortemente confusionarie, inquinate, vuote e globalizzate. Inutili bla bla.
ReplyDeleteIl quadro della situazione, perfetto !
ReplyDeletePer molti quello che accade , portaa starne fuori, perchè obbiettivamente sembra che la discesa sia inarrestabile ...