Saturday, November 2, 2019









L'editoria e i libri



Quasi ogni mattina mi reco al RED, bistrot libreria  in Porta romana. Mi siedo al tavolo, prendo un cappuccino e consulto i libri esposti nelle vetrine. E’ un’abitudine che mantengo fin dai tempi in cui abitavo in via Faruffini. Anche in quel caso era la Feltrinelli in piazza Piemonte ad essere la meta delle mie peregrinazioni mattutine. Queste buone consuetudini non sono venute meno anche se lo scoramento e il disgusto per i titoli e gli autori esposti sugli scaffali in bella evidenza continua a tormentarmi. E’ così anche adesso. Di solito cerco di individuare qualche nuovo autore ma poi non appena comincio e mi inoltro fra le pagine del libro la noia e la rabbia continuano ad alimentare il mio disgusto. Cosa sono questi libri? Chi li ha scritti e perché mai sono stati pubblicati?

 

Che ormai non ci sia più una buona letteratura o una scrittura che sappia raccontare senza usare frasi leziose e retoriche è ormai una questione che scopre i nervi scoperti della cultura italiana che non sa più pensare, parlare, raccontare. Molti dei libri esposti con così grande cura insieme a libri con dei titoli suggestivi sono scritti da giornalisti televisivi, scrittori mediocri che appaiono in televisione, vecchie volpi della società dei consumi e dei media, opinionisti dell’ultima ora, falsi sciamani, urlatori e cialtroni. 

 

L’elenco sarebbe lungo ma per il lettore avveduto è facile individuarli. Faccio solo alcuni nomi: si va da Augias a Concita De Gregori e Chiara  Gamberale, da Elena Ferrante a Mauro Corona,  da Alessandro Baricco a Gianrico  Carofiglio, da Sgarbi a Giovanni Floris da Michela Murgia a  Ferruccio De Bortoli.  Tutti sempre  in televisione a partecipare a un qualche dibattito e a pubblicizzare i loro libri. Si invitano tra loro senza alcun ritegno.  Gli editori li pubblicano perché fanno cassa, sono conosciuti, esaltati, decantati, ammirati. Tutti pubblicano libri, dalla presentatrice, al magistrato, dall’opinionista al cantante ma nessuno è davvero uno scrittore che si avvicina alla letteratura. Basta essere  nel sistema integrato televisivo e mediale che il libro viene pubblicato e pubblicizzato mentre gli altri scrittori, quelli fuori dal sistema dei media,  anche se  originali e bravi devono aspettare oppure essere rimandati all’infinito o ancore peggio annichilirsi e morire. 
  
 


Tutto questo, blocca ogni crescita, ogni nuova possibilità. Il sistema non si rinnova ma rimane chiuso in se stesso. Una situazione del genere non solo è scoraggiante ma è anche pericolosa. Autoalimentarsi senza rinnovarsi crea un regime, una dittatura. Spesso i messaggi che arrivano dai media si confondono con le scritture di questa orda di nuovi tecnocrati della narrativa contemporanea.  Non ho alcun dubbio che i  libri di questi celebrati divi  si vendano, siano richiesti, esibiti anche se ottenebrano, accecano le menti  di chi li legge e li compra. Leggere buona letteratura ormai è diventato difficile, quasi impossibile, bisogna passare nel  retrobottega delle librerie, cercare  fra scaffali polverosi e nascosti. Per trovare l’Uomo senza qualità di Robert Musil o La Recherche di  Marcel Proust per non parlare di autori come Carl Ove Knasusgard, Roberto Bolano, Julio Cortazar, Mario Tobino, Giovanni Arpino, Giuseppe Berto, bisogna esplorare percorsi quasi segreti o rivolgersi al commesso che il più delle volte ti risponde: per il momento non lo abbiamo  ma lo faremo arrivare.

 


La domanda si ripropone: siamo proprio in un regime mediologico, in una società globale dello spettacolo, feroce e maligna che fa saltare il linguaggio e distrugge la lingua parlata  come aveva anticipato Guy Debord, oppure siamo in un mondo dove la cultura, l’estetica  e l’arte rispecchiano la nostra società, i suoi processi di produzione capitalistica   come aveva scritto György Lukacs ?  Direi proprio che è così . Il tecnocapitalisno finanziario vive di questi stereotipi,  modelli a cui sottostare alimentando la sottocultura, la falsificazione a tutto spiano. Capitalismo, media,  potere, sesso e apparizione si riconcorrono  nella logica di un nuovo populismo,  dell’ingiustizia, della violenza.   

 

  
L’assedio è totale e investe tuti i mezzi di comunicazione. Non ho vergogna ad affermare che guardo spesso la televisione, soprattutto la sera, prima di addormentarmi. Guardo soprattutto qualche buon film o qualche programma di storia ma spesso mi capita di guardare programmi di conversazione politica, di attualità. Orami debbo eliminare alcuni programmi come Carta Bianca di Bianca  Berlinguer. Non sopporto più di veder Mauro Corona, scrittore, alpinista e scultore ligneo, un invenzione catastrofica della sinistra italiana. Egli appare come una star, vestito come un pirata, sebbene oramai frequenti e soggiorni in alberghi di lusso, altro che boschi. Mario  Giordano nel suo programma:  Fuori dal coro grida, salta,  sbraita come un  ossesso  dello spettacolo, anche lui ha capito che per farsi ascoltare occorre non essere  fuori dal coro ma nel coro come gli altri personaggi televisivi, gridare, esaltarsi, ingiuriare. 

 

Sempre più  sono  i libri di  costoro  ad essere esposti a  bella posta tra le novità librarie.  E’ un vero e proprio tormentone, un festival delle banalità. Tra i programmi che fanno informazione pubblica, come non citare Agorà, per il suo soporifero e prevedibile confronto politico  o Che tempo che fa con Fabio Fazio. Anche in questo ultimo  vengono invitati personaggi illustri da Saviano a Turturro.  Per darsi un tono si invitano alcuni  mistici della cultura italiana, anche questi sempre gli stessi;  Il Filosofo Cacciari,  Fusaro, Rampini, Sgarbi anche loro  a recitare il loro credo, a farci la lezioncina filosofica, letteraria. Ma qui almeno si usano parole discrete. Le credenze si mischiano con la letteratura. Sfuggire diventa quasi impossibile, bisogna ascoltarli anche se dicono banalità a meno che  non si voglia  cambiar paese  e andarsene lontano. Ma dove ?


 

Da qui emerge un’altra questione cioè l’identificazione nefasta fra comunicazione e informazione, immagine e realtà. Fare comunicazione non è la stessa cosa che fare informazione. Si può benissimo comunicare qualcosa di falso. La pubblicità e la comunicazione vanno a braccetto creando una specie di onda lunga del falso (fake news)  che invade la vita quotidiana. Un’altra cosa è fare informazione. L’informazione ha sempre a che fare con ciò che accade, è accaduto, con ciò che è reale, che deve essere verificato e diffuso.  Informare qualcuno  su qualcosa dovrebbe avere  un carattere eminentemente oggettivo, scientifico. 
 
 

L’informazione va dall’emittente al ricevente attraverso un canale, codici di riferimento condivisi, una verifica dei codici che un tempo erano verbali e ora sono anche visivi. L’oggetto dell’informazione deve essere riconosciuto, accertato, verificato, dalle parole, dal linguaggio, dai fatti.  L’informazione attiene quasi sempre qualcosa di nuovo e di veritativo,  qualcosa che deve essere saputa, conosciuta. Purtroppo anche per quanto attiene l’informazione c’è una manipolazione.


 


Essa è possibile attraverso le nuove tecnologie elettroniche che modificano l’immagine e la rimettono in rete, falsificando la realtà. Le parole non fanno altro che rivestire l’immagine di apparente verità . Ecco perché dobbiamo sempre di più controllare l’immagine, saperne di più. Esercitare il diritto all’informazione è importante ma occorre anche verificarne i contenuti, la provenienza, le immagini, le parole, le manipolazioni tecnologiche.  

 

Purtroppo non abbiamo nessun paradigma a cui richiamarci e perciò crediamo a tutto quello che ci viene propinato. Siamo da soli. La sparizione dei paradigmi corrisponde anche a una banalizzazione della storia e alla sua contraffazione. E’ in questo modo che s’inquinano non solo il pianeta ma anche il nostro modo di pensare, di vivere. L’ecologia dovrebbe passare  anche dai nostri modi di pensare e guardare le cose. Purtroppo non è così.

 

Di chi è la responsabilità di questo disastro, di questa  mediocrità inter mediale, di questo strapotere dei media, di questa messa al bando della buona letteratura  oggi che si parla sempre più spesso di sostenibilità, di lotta all’inquinamento ?
La responsabilità va ripartita su vari piani: quella dei media televisivi, di internet delle reti sociali, mi pare abbastanza evidente.  

 
     
C’è poi la responsabilità degli editori appiattiti alla logica del  mero commercio,   così  come accade nel mondo dell’arte. Le gallerie, le fiere dell’arte,  le aste  sono diventati luoghi  ciechi della falsificazione, della copia, della  banalità,  dello spaccio di merce di basso profilo  estetico, critico e artistico. I cosiddetti artisti  cortigiani del sistema economico finanziario sono corresponsabili di questo abbassamento del livello, critico ed estetico.



E’ palese  la responsabilità di alcuni personaggi politici che hanno provveduto ad identificarsi con lo spettacolo integrato della comunicazione eliminando ogni apparato critico, teorico di lettura delle immagini e  ogni pensiero capace individuare la complessità dell’epoca attuale e le derive razziste che ad esso corrispondono. Una responsabilità delle istituzioni che sono conniventi con chi esercita il potere del controllo delle masse e dell’opinione pubblica. C’è ancora il ruolo della scuola e dell’educazione che non aiuta i giovani a pensare in maniera riflessiva
Responsabilità  grave della pubblicità che crea stereotipi falsi,  modelli di riferimento erronei. Un giornalismo senza alcuna dimensione etica a volte irresponsabile e corrotto. 

 

Tutto questo paradossalmente non solo blocca un paese e il suo modo di esprimersi e guardare le cose essenziali, ma favorisce la  corruzione,  inquina la nostra società nel profondo e lo stesso pianeta. Da qui dovrebbe partire una ecologia globale, sana e responsabile, dal linguaggio, dalle cose che diciamo e scriviamo, dal modo di raccontare.   Forse occorrerebbe un ospedale delle parole, una specie di pronto soccorso della lingua dove la parola ritrovi la sua natura originaria, la sua nobilita e sapienza.


 
 
Per quanto attiene i libri e la letteratura bisogna  infine  comprendere che essi sono la chiave insieme al mondo dell’arte per capire l’epoca in cui viviamo. La letteratura non è solo racconto del reale ma di ciò che sta dietro  quel che sembra reale.  Il suo compito sarebbe quello di smontare le credenze a cui siamo legati ed  aprici ad un pensiero riflessivo che appunto sappia dirsi e tradursi in scrittura, in racconto. Sappia cioè guarirci dal male oscuro della banalità  e della mediocrità che imperversa nel nostro be paese. 

 


Immagini:
1   Francesco Correggia in ospedale
2   Gaz a tous les étages
3   Marcel Duchamp, perché   non starnutisce
4  Libreria Feltrinelli interno
5  Giuseppe Chiari, i sei scalini sono la musica, 1979
6  Hanna Hoch, address book 
7  Mauro Corona
8  Hugo Ball, Almanacco
9  Kurt-Schwitters  Haus Merz House Merz 1920 Photograph Archive
10  Michela Murgia
11  Robert Musil
12 Marcel Janco, ballo a Zurigo,  1917
13 Tristan Tzara
14  Theo van Doesburg, la rivoluzione dadaista
15  Francis Picabia , occhio cacodilato 1917
16 Water  Benjamin,  una pagina  del libro : Sul concetto di storia
17  Francesco Correggia, dicente. 2019

2 comments:

  1. Interessante questo articolo e ahinoi molto realista e drammaticamente attuale. Condivido in particolare il paragrafo riguardante i giornalisti - urlatori e di come certe trasmissioni politiche, un tempo condotte anche dagli stessi giornalisti in modo però più pacato, sobrio e lucido, oggi siano fortemente confusionarie, inquinate, vuote e globalizzate. Inutili bla bla.

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  2. Il quadro della situazione, perfetto !
    Per molti quello che accade , portaa starne fuori, perchè obbiettivamente sembra che la discesa sia inarrestabile ...

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