Thursday, September 26, 2019









Salvare il pianeta

Sicuramente il cambiamento climatico ci fa riflettere sulla possibilità di una fine del genere umano e ci costringe a pensare che il nostro  pianeta è un bene, una casa, la nostra casa. Lo abbiamo sfruttato, considerato un’inesauribile risorsa per i nostri affari,  una pattumiera per  i nostri sporchi traffici.

 


Ho  già scritto a proposito di questa questione sul blog Natura e cultura del giornale La  Stampa con un articolo dal titolo, Arte ecologia, denaro nel 2014. L’articolo è stato ristampato sul blog de La Stampa   con tutte le immagini che avevo selezionato con cura. Ho trovato  gli altri miei testi pubblicati  sul medesimo blog  ma il mio nome era scomparso, occultato, come se quei testi non li avessi scritti io ma  qualcun altro.  Naturalmente la cosa non solo mi disturba e mi inquieta ma mi costringe ad intervenire e  a riflettere sulla mancanza di verità che circola in rete. Orami il web è diventato anch’esso una pattumiera all’aperto, una rete di rimandi che circolano in rete senza controllo o alcuna verifica, tra parole e immagini che negano la verità e a volte addirittura l’occultano. Ormai è arrivato il momento di  intervenire con un apposita normativa a difesa dei diritti d’autore.  Qui vorrei solo tornare sull’argomento  non solo per ribadire alcuni passaggi del mio testo scritto a suo tempo  ma anche per attualizzarne le problematiche e le sensibilità che l’emergenza  climatica porta con se.      

 

Il problema dell’inquinamento e del degrado ambientale è ormai da qualche decennio all’ordine del giorno. La salvezza del pianeta e la questione ecologica si sono incrociate inevitabilmente.    E’ già da decenni che le problematiche dell’ambiente e del clima sono state poste da scienziati seri e competenti e artisti come Joseph Beuys con il suo progetto in difesa dell'uomo e dell'ecologia, le installazioni di Hans Haacke, Michael Heizer, Robert Smithson, Richard Long, Barry Flanagan, Dennis Oppenheim e la ricerca più recente di Brandon Ballangée, Marjetica Potrc, Nikola Uzunovski, e tanti altri.

 

A nulla sono bastati i numerosi convegni di scienziati, accademici, pensatori per fermare la tendenza alla distruzione, fare un passo indietro, invertire la rotta della ricerca tecnologica verso energie pulite, alternative. Abbiamo continuato come se niente fosse a immettere nell’atmosfera CO2, sprecando, inquinando, sboscando e desertificando.  Non abbiamo smesso di usare  automobili inquinanti e a servirci ancora del petrolio, addirittura in qualche caso del carbon fossile. I pochi esempi di energia pulita sono sembrati antesignani di una produzione costosa e difficile, fatta solo per ricchi e aziende che hanno fatto della riconversione industriale il loro marchio distintivo per continuare a fare grandi guadagni.     

 

Ora la coscienza mondiale sembra destarsi. La ragazzina svedese che con un candore incredibile appare in televisione invitando tutti noi a salvare il pianeta nel nome delle future generazioni, sembra uscita da una loggia del paradiso per parlare a noi miseri mortali.  Essa ci costringe finalmente a guardare in faccia la realtà, a prendere atto dell’enorme mostruosità che sta accadendo. Tuttavia non bisogna fidarsi del candore che trasmette la giovane Greta.

 

Folle di giovani e non più giovani senza un’identità politica  sono scese in piazza non per una protesta giovanile qualsiasi, per rivendicare qualcosa, ma per dirci esattamente la verità su  ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi e che ora si presenta  con un cambiamento climatico, sembra, irreversibile. Salviamo il pianeta, questo è il loro slogan. Questa dichiarazione è come un annuncio irrevocabile, sembra un imperativo categorico. Un imperativo alto che impone non una scelta, ma una salvezza, non per noi ma per quelli che verranno dopo di noi, per i nostri figli, nipoti. Essi ci guardano e ci chiamano alla responsabilità. Parola abusata e sempre di più maldestramente utilizzata  dai nostri governanti.


 


 Questi giovani e non giovani ci dicono precisamente: l’ora sta per scoccare.  In questa semplice avvertenza e cioè salvate il pianeta adesso ce n’è in fondo un’altra che suona: nessuno verrà a salvarci, non ci sarà un intervento divino che interverrà al posto nostro. Siamo noi i responsabili del disastro ambientale e dobbiamo essere noi gli artefici della salvezza e rinascita del nostro pianeta cioè noi giovani, la nostra generazione. La colpa ricade su tutti. Si moltiplicano in rete  i richiami a manifestare, a scendere in piazza giovani e non giovani. Sembrano le marce della pace degli anno settanta.   Ma non è così che si affronta una questione così delicata.


 

Per tornare ai temi ecologici appare sempre  più evidente che esso è un problema intrecciato con altre questioni altrettanto importanti come l’economia, il denaro e la finanza da una parte e dall’altra l’immigrazione, i naufragi, le guerre.  Le questioni sono così complesse che, da un punto di vista dei media e della divulgazione televisiva, sembrano confondersi assumendo un aspetto così generalizzante da farle  apparire vaghe, indefinite, esoteriche. Ciò non fa altro che eludere il problema, l’urgenza di interventi sostanziali che sono utili per fermare il disastro ambientale, climatico e umano. Tutto si ferma a livello di una comunicazione globale che  nasconde la realtà invece che portarla alla luce con cambiamenti sostanziali dei nostri stili di vita. 

 

 Non bastano le immagini   della fanciulla divina:  Greta e qualche talk show o programma di intrattenimento per creare una nuova sensibilità e costringere i governi a intervenire, a fare sul serio e così fermare il disastro incombente.  Le parole televisive, come le immagini restano mute, non hanno alcun senso, appaiono vuote così come le altre parole e le altre immagini che marcano i nostri atti. Siamo alla ricerca di parole nuove,  che vanno al cuore del problema, che non siano solo semplici o convenienti ma che ci fanno realmente pensare altrimenti, cambiando la logica della nostra esistenza, del linguaggio che usiamo e di conseguenza  ad agire  rispettosamente nei confronti della natura, dell’ambiente, degli altri. Siamo noi che dobbiamo cambiare. E’ il nostro modo di vivere,  di sprecare, di urlare, sporcare, parlare che deve essere messo in quarantena. Siamo noi e non altri che dobbiamo sacrificare qualcosa della nostra vita, rinunciare al lusso, alle mode alla maniera smodata con cui consumiamo e alimentiamo il disastro. Bisogna  parlare con le parole appropriate e operare una specie di ecologia della cultura e del linguaggio se vogliamo veramente invertire la rotta del disastro. 


 

  Sappiamo bene che non bastano i dibattiti, i convegni sullo stato del pianeta, i richiami alla  responsabilità per cambiare il mondo, sovvertire abitudini, passioni, stili di vita mentre guerre e desolazioni, terrorismi, fanatismi e razzismi giganteggiano nel mondo. Non si tratta soltanto di  essere-nella-relazione con la Vita e la Natura; compiere adeguate connessioni tra le informazioni provenienti degli svariati campi della conoscenza e dell’esperienza; e sviluppare di conseguenza una propria Weltanschauung.  Qui, al contrario della visione antropocentrica,  è necessario fermare la mano dell’uomo che contamina la stessa sua  casa e  la rende inabitabile. Bisogna arrestarsi sul bordo dell’abisso non per tornare indietro ma per gettare un ponte, un progetto che ci porti al di là dei nostri vantaggi personali.  

 

La possibilità di un mondo che si rinsalda con la vita del pianeta passa da una dimensione di pensiero che sappia prendere le distanze dai modi con cui finora abbiamo sfruttato il pianeta, rovesciando, in buona sostanza, i rapporti di forza finora consolidati tra il fanatico mercato globalizzato e l’emergere delle problematiche ambientali.  Per farlo bisogna interrogarsi sul presente, frenare il ritmo delle distruzioni che si operano nel nome del rendimento, della demografia e della produzione. 
Occorre una cultura virtuosa, nel senso indicato da Vladimir  Jankélévitch, che  non si avvita su se stessa nel cercare un contatto con una divinità che ci giustifica dall’errore, ma si alimenta del dinamismo del colloquio con la seconda persona singolare, con la propria responsabilità personale senza per questo richiamarsi alla pluralità. La virtù, scrive Jankélévitch, compone il tutto con gli umili fatti di cronaca della quotidianità domestica, come l’ape fa il miele; per esempio, il sincero non conosce grandi e piccole circostanze, ma semplicemente una problematica giornaliera che esige un sacrificio da ogni minuto.  

 

Insomma la virtù dovrebbe essere continua e dinamica e la stessa vita morale è qualcosa che si ripete tutti i giorni del mese e a tutte le ore del giorno,  esigendo una dialettica, una presa e una messa in discussione del pensiero. Altrimenti essa che morale sarebbe se non quella di un dilettante che esercita la virtù solo la domenica e nelle manifestazioni  e gli altri giorni continua a fare ciò che faceva prima? La morale dell’io pensante non vuol dire imbarcarsi in una soggettività che non sa guardare, che non sa svincolarsi dalla staticità del proprio sé egoico, che non sa essere oggettiva. No, al contrario, è proprio questo io rimarginato dal pensiero e sempre lacerato che conosce, e nel conoscere sa che l’altro è qui con noi e ci impone una scelta.  Il che cosa della scelta non è mai imposto o subìto ma viene fuori  da una coscienza storica che è volontà etica. Volontà che agisce e si dispiega continuamente nel rispetto di una memoria e non in una sorta di parodia del cominciare sempre daccapo. E’ così che la soggettività si avvia verso un’oggettività feconda e prende corpo la coscienza individuale di essere natura insieme al tutto. 


  

Per costruire una reciprocità d’intenti e di proposte adeguate veramente incisive per far cambiare il verso negativo del mondo occorrono codici condivisi, intese linguistiche e sforzi non comuni altrimenti tutto diventa una brodaglia di slogan che non portano a niente. Soprattutto dovremmo cambiare i modelli di riferimento in cui   sono percepite tutte le cose del mondo che viviamo, il che vuol dire sapere cambiare per prima noi stessi, la nostra vita, le nostre relazioni. 

 

Occorre sfuggire  alla tendenza ad una tematizzazione ancora una volta aziendale che riduce la questione ad un protagonismo mediatico. Tematizzare un argomento come quello della salvezza del pianeta nei media televisivi e nelle reti sociali  può voler dire ridurlo, imprigionarne il significato. Vorrebbe  dire  banalizzarne il gesto di rottura, eludere ancora una volta la questione rendendola  pubblicitaria, modaiola e di conseguenza annullare la portata significativa che l’imperativo  “salvate il nostro pianeta” reca con sé. 

 

Occorre considerare quelle parole   non più come una  semplice frase televisiva  condita di purezza ma veramente come qualcosa di essenziale che ci impone un obbligo morale, una chiamata a rispondere,  appunto una responsabilità, un rimarginare la ferita inflitta al nostro pianeta.  


 


Immagini:
1 -   Francesco Correggia
2 -   Peter Brueghel, Landscape with the fall of Icarus, 1558
3 -   Immagini dell’articolo:  Arte, ecologia, denaro sul Blog Cultura natura, 2014
4 -   Immagine di distruzione, Seoul
5 -  Carl Blechen, The bay of Repall, 1829
6 -  Ann Veronica Janssens, Installazione. White cube, London, 2017
7-   Barry Flanagan at Tate Britain 2016
8 -  Migranti
9 -  Mario Merz,  che fare ? 1973
10 - Joseph Beuys
11 – Max Klinger .  Meeresgötter in der Brandung, 1884
12 - Pierre Ardouvin,  La tempête , 2017
13 -  Mark-Dion,  Radical Nature, 2005
14 - Brandon Ballangee, Sculpture in the wild,  2016
15 -  Roni Horn , Opposite of White,  the Tate Modern,   2016
16 -  Francesco Correggia, performance ,  azione rituale, 1976





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Saturday, September 7, 2019








La nascita del nuovo governo e il linguaggio.

Riprendiamo il Blog con qualche considerazione sugli ultimi svolgimenti della politica nel nostro paese. Siamo sempre chiamati ad una responsabilità  etica soprattutto quando sfere come l’arte, la scienza, la morale, la politica appaiono separate e  irrigidite  quali culture di esperti per ricollegarle senza colpire la razionalità che è loro propria,  al mondo della vita, alla prassi  comunicativa quotidiana. Così ci accingiamo a prenderci questa responsabilità di riconnettere il Mondo dell’arte a dimensioni contingenti come l’attuale situazione politica, la nascita di un nuovo governo, il linguaggio pubblico.

 
 
Il governo appena varato è l’espressione tipica delle contraddizioni e degli umori del nostro paese.  Un accordo fra il Movimento  5 stelle e il PD non era prevedibile fino a qualche settimana fa nonostante ci fossero tutte le ragioni per un dialogo.  I mezzi di comunicazione televisiva con i suoi opinionisti hanno fatto a gara per  mostrare le incongruenze del possibile accordo senza tener conto degli sforzi per superarle. La tendenza è stata quella di presentare come impossibile  il tentativo di mettere insieme,  dopo la crisi aperta da Matteo Salvini,  due forze politiche che si mostravano opposte.


 


 La piazza pubblica si è mostrata sensibile ai proclami estivi del Leader  della lega che miravano a sfiduciare proprio quel governo che essa aveva sostenuto e andare subito alle elezioni. Il clima improvvisamente è diventato feroce. Staccare la spina al governo sembrava essere fondamentale per andare a votare.   Il risultato è stato il discorso alla camera del Premier  Conte che ha parlamentarizzato la sfiducia,  rintuzzato gli attacchi e rimesso il mandato al Presidente della Repubblica. Bene ha fatto Conte in un discorso che non lasciava dubbi sulle vere ragioni strumentali della sfiducia al suo governo. Il Presidente della Repubblica ha dettato i tempi della  crisi e ha chiesto ai partiti se vi fosse una soluzione politica e parlamentare diversa con un programma comune, come previsto dalla costituzione. Due  entità politiche distinte e differenti hanno cercato un dialogo e un confronto che prima non era stato possibile. Entrambi gli schieramenti per la prima volta si sono parlati e hanno cominciato a incontrarsi e a ragionare sui programmi, scoprendo infine che i medesimi  non erano distanti anni luce. 

 

Abbiamo dunque assistito agli schiamazzi,  alle ire e intemperie di chi non poteva accettare mediazioni e ripensamenti. E’ stato detto: si  deve andare subito alle elezioni senza alcuna verifica di altre possibilità, come se solo le elezioni fossero la panacea dei mali di questo paese. Mentre nei media  si insisteva per mostrare le distanze, le linee politiche opposte, ricordare i contrasti e l’odio  i due schieramenti erano  alla ricerca di un’intesa sui programmi. Certo che c’era una distanza non poteva che essere così:  5 stelle nasceva come un movimento rigeneratore nuovo e di critica nel panorama della politica italiana,  ciò poteva rappresentare per il PD una minaccia, una  diminutio del suo giovane elettorato, ma non è che non si sia  cercato un qualche contatto, si ricordi il tentativo di Bersani.  Non c’erano le condizioni e i tempi erano diversi. Ora le cose sono cambiate e appunto si è scoperto che le visioni del mondo delle due forze politiche  non sono così distanti .

 

Il leader della lega con i suoi interventi non da gentiluomo si è arroventato l’anima, sperticandosi ancora una volta in insulti, inesattezze, ferocia e falsità. Non si vuole andare a votare perché i due schieramenti stanno insieme solo per opportunità, per paura di perdere. E ancora continuano a dire Lega e Fratelli d’Italia che le  due forze politiche che fino a qualche settimana fa si odiavano ora si mettono insieme solo per dividersi le poltrone, è un inciucio,   che ne è della coerenza delle idee, prima o poi finiranno per scontrarsi?

 


 Non intendo qui ragionare sulla morale  di tali  atteggiamenti   ma solo tentare  di evidenziarne l’insensatezza e l’infondatezza.  E’ un diritto costituzionale sedersi intorno a un tavole e cercare un accordo di maggioranza da sottoporre al Presidente della Repubblica prima di sciogliere il parlamento e andare a votare. Abbiamo, invece, assistito questa estate dalle spiagge più rinomate a un modo di fare politica rivoltante, un modo di parlare in diretta volgare che continua ancora adesso.

 

Si continua a seminare in questo paese odio, l’incomprensione verso l’altro, il diverso, l’immigrato con un linguaggio offensivo che  ormai domina i social network fino ad arrivare alle pie anime dei cittadini italiani che ormai appaiono indifesi se non complici del male. Si insinua che questo  governo nasce contro la volontà del popolo, contro gli italiani quando è il contrario: è per salvare il nostro paese dalla catastrofe, dalle sfide economiche ed ambientali che si  cerca un accordo, che ci si mette insieme, pur nelle differenze. E' per salvare ciò che c’è ancora  di buono nella nostra società e non per interessi personali e di parte che si cerca di riscostruire, un tessuto culturale devastato dalla menzogna.   

 

In democrazia si possono cambiare opinioni e perfino giudizi quando non ci sono più le condizioni per mantenersi dentro lo stesso orizzonte politico di discorso e di visione del Mondo, quando si comprendono gli errori di una scelta sbagliata.  Ridurre al solo aspetto strumentale l’ambito delle questioni che si possono decidere in base a ragioni e a discorsi razionali  può rivelarsi dannoso per l’etica pubblica.  La democrazia italiana non a caso è una democrazia parlamentare proprio per evitare il concentrarsi di azioni distorte e populiste, di forzature pericolose per il bene del paese. Non è che bisogna andare a votare ogni anno solo perché qualcuno lo reclama perché si  sente  vincitore. Le elezioni politiche poi  sono cosa ben diversa da quelle europee. Chi invece continua a distillare odio con un costante assedio mediatico, invece che riflettere sulle degenerazioni che tale atteggiamento può comportare  è totalmente irresponsabile.

 

Intanto non mi è sembrato che i  programmi del   Movimento 5 stelle e PD siano così distanti fra loro come si voleva  fare credere. In politica mettere su un’alleanza di governo  è anche il frutto di una visione del Mondo, di ambiti di discorsi comuni. Non ci si può appiattire a una logica contrattistica per cui ognuna delle colazioni agisce da sola, mettendosi d’accordo su singoli punti, senza un impianto generale programmatico  com’è accaduto con la coalizione giallo verde, rispetto a quella giallo rossa, così come viene chiamata  dai media la nuova colazione. 


 

Qui anche i colori hanno una loro parte per rimandare a qualcosa d’altro, a una speranza o a un pericolo, basti pensare a Fusaro che in uno di questi penosi programmi televisivi di confronto politico l’ha chiamata  giallo fucsia invece di giallo rossa per dire che di rosso non ha nulla e  sminuirne così la  portata simbolica. Povero Fusaro, per vendere i suoi libri ora deve apparire in televisione a confondere le idee e  utilizzare la filosofia come palcoscenico. 


 
  
C’è poi  la questione del linguaggio e dell’eleganza formale che non sono estranei ai comportamenti della gran parte dei cittadini. Questo paese negli ultimi anni si è abbandonato al turpiloquio. Esso dilaga dappertutto ed è diventato pesante per il tasso  di offensività e di violenza che veicola contro chiunque sia diverso da noi. Ne abbiamo ogni giorno le prove, dalle liti fra le pareti domestiche ad  alcuni programmi televisivi, dagli atteggiamenti e gli insulti che circolano nel parlamento della nostra Repubblica   sino ai cori razzisti nello stadio. Forse ci si è fatta l’abitudine e non ci si scandalizza più. Io continuo a stare male e a non farci l’abitudine.


 

 Un paese migliore e democratico è attento alle libertà degli altri,  è quel pase che sa riconoscere l’altro anche nella diversità, che ama  la propria patria per l’eleganza formale del linguaggio, per gli atti linguistici, per la tolleranza e disponibilità e non per la volgarità dei costumi. Ciò di cui abbiamo bisogno non è lo sberleffo e l’ingiuria verso il nostro avversario politico,  ma del gesto responsabile che sa rinunciare al protagonismo, del dialogo ragionevole, della comprensione e reciprocità.

 

Se il linguaggio è proprio ciò che distingue l’uomo dall’animale ne deriva che l’essere umano è coscienza d’essere, significa prendere a cuore la sua essenza, il suo essere persona prima ancora che origine. Persona vuol dire amare, voler bene, significa donare l’essenza.  E’ a partire da questo voler bene che l’essere può il pensiero. Il pensiero dell’essere è un dono. L’essere si dona all’altro come linguaggio, come parola di verità. Come casa dell’essere è il linguaggio che prende in consegna la storia dell’umano pensare.

 

Per la prima volta poi  con questo accordo vediamo entrare nel vocabolario politico e in un programma di governo parole che richiamano azioni concrete  come  ambiente, la sua tutela, la sostenibilità ambientale insieme all’impegno sulla scuola e l’università, il superamento delle distanze sociali, la lotta alla povertà, io aggiungerei anche alla volgarità. Non è poco viste le sfide  che ci attendono  nel  futuro rispetto al cambiamento climatico, alla distruzione di intere foreste tropicali, alla sparizione di specie animali. 

 

C’è  ancora  una dimensione estetica di cui si deve tener conto anche nei comportamenti, nel modo di apparire, di dire, di mostrarsi. Questa dimensione estetica investe direttamente la sfera  pubblica, e politica a  cominciare di chi ci rappresenta  in parlamento.  Il rispetto degli altri e ,l’etica pubblica passano anche per le politiche del territorio per l’organizzazione museale, per la ricerca, per la cultura visuale, per gli studi sull’immagine, per il sostegno all’arte contemporanea, che non può essere sempre vista come occasione per favorire il devastante turismo da selfie. Su questi argomenti abbiamo già scritto e vi ritorneremo ancora. 


 

Mi auguro che questo governo possa raccogliere le nuove sfide che si aprono, con eleganza, con il giusto linguaggio, con sensibilità, umanità e sostenibilità.        

Immagini:
1 – Francesco Correggia Fermo immagine dalla performance:  Ben tornato Marx 2009
2 -  Enrico De Nicola, firma la costituzione italiana, 1947
3-   Giuseppe Conte risponde alle camere e si dimette, 20 Agosto 1019
4 -  Matteo Salvini al Papeete beach Agosto, 2019
5 -  Lorenzo Lotto, ritratto di Gentiluomo, 1530
6 – Oleg Kulik , performance, 2002  
7 - Jurgen Habermas in the Vision of a Post-Secular Europe, 2012
8 – Riunione di capigruppo,  movimento 5 stelle e PD
9 - Cecil_Beaton , Photograph,  Tyneside Shipyards 1943
10 Marcel Duchamp , Belle Eleine,  eau de voilette, 
11 Zingaretti e Conte si stringono la mano
12 Diego Fusaro
13 Irina Karina,  Performanc di  Irina Korina,  2014
14  Greta Thunberg, sciopero per il clima  Svezia
15 Erwin Blumenfeld, Parigi,  1939
16  Visitatori che guardano un quadro di Correggia, in occasione della mostra sul novecento, Palazzo  delle stelline , Milano, 2018