
Fuori dal coro di
Francesco Correggia
Riflessioni sui Musei
dell’arte moderna e contemporanea di Milano
Il Museo del Novecento
I direttori e i
curatori che si succedono alla guida di Musei importanti dell’arte moderna e
contemporanea impongono le proprie stravaganti idee sull’arte e su come debba
essere osservata e compresa badando soprattutto alla comunicazione e al
marketing. Le commissioni o comitati che
dovrebbero operare scelte oggettive, dare pareri secondo criteri trasparenti,
inoppugnabili e leggibili sui progetti delle mostre, sui libri da presentare
sono invece l’espressione di valutazioni poco scientifiche e spesso di parte.
Ne è un esempio palese
il Museo del Novecento a Milano. Nato secondo ottimi principi da un punto di
vista storico e di rapporto con la città, il Museo del Novecento doveva essere,
almeno nelle intenzioni, un contenitore storico, un sistema
distributivo e museale semplice e lineare. Lo scopo era quello di restituire un’immagine
forte, così da trasformarlo in uno dei luoghi privilegiati della cultura a
Milano.
Questi nobili propositi
sembra non siano stati raggiunti. Il Museo del Novecento non è stato
all’altezza dei suoi compiti istituzionali e non è stato capace di offrire un
panorama limpido e oggettivo sull’arte del novecento. Le ragioni possono essere
molte, una delle quali è il ruolo che ha assunto in questi ultimi anni la
commissione scientifica. La direttrice del Museo Anna Maria Montaldo che
dovrebbe farsi portatrice di un progetto, di un’idea sull’arte moderna e
contemporanea e su quella che è stata la storia di Milano o almeno dare
indicazioni su come valorizzare le collezioni e l’archivio dipende dai voleri e
dai capricci della succitata commissione a cui delega qualsiasi scelta sulle
mostre temporanee e sui criteri espositivi da attuare.
E’ questa commissione
che decide il programma espositivo, chi deve fare le mostre e a chi dare la
sala per la presentazione dei libri, le conferenze, gli eventi. La domanda è:
secondo quali criteri? Quel che è peggio è che alcuni di loro non hanno un
curriculum all’altezza dell’incarico, mai
scritto un libro sull’arte o sull’estetica
di una certa rilevanza. Alcuni sono Professori dell’Università, qualcun
altro insegna Storia dell’arte ma questo non basta ad accreditarli come super
esperti, in un mondo che cambia in continuazione. Le loro decisioni in merito
alle mostre da ospitare sono quasi sempre arbitrarie e senza alcuna logica
culturale. Si limitano a rispondere: la
mostra per il momento non è nei progetti del Museo. Ben poca cosa.
Questi strani personaggi che con presunzione fanno
parte di commissioni che dovrebbero garantire l’imparzialità e il rigore di
così nobili Istituzioni non hanno alcuna competenza eppure ne governano le
scelte con il loro sì o il loro no. Chi li ha chiamati a quel compito così
importante? Da chi sono stati selezionati e secondo quali principi ?
Sappiamo bene: il
criterio è sempre lo stesso, quello della gestione politica, delle famiglie che
contano, dell’amicizia personale, dei favoritismi, insomma della politica
nostrana. Così sembra tutto normale; si
favoriscono i più potenti, quelli conosciuti cui non si può dire di no oppure
l’outsider immacolato, considerato puro e ingenuo mentre si distrugge
ignorandolo l’altro, lo studioso, colui che ha un comportamento serio e che non
si sottopone alla crudeltà di un sistema vergognosamente di parte. Il rigore
analitico, posizioni e ragioni differenti rispetto all’uso convenzionale del
potere sono sottoposti ad una censura feroce da parte di questi esperti che
millantano una conoscenza sulle cose dell’arte e del suo mondo inoppugnabile e
che non può essere messa in dubbio. Se poi si comincia a scrivere e a
dichiarare il proprio disaccordo si viene esclusi, bollati, marcati con l’appellativo
di sconosciuto.
La conseguenza di tutto
ciò è che si espongono collezioni e donazioni ritenute di prestigio, non sempre
a ragione, mentre si escludono quelle per cui, pur essendo parte dell’archivio
del Museo, non c’è interesse. Donazioni già accettate dal Museo e che sono ormai
patrimonio della storia dell’arte, storia di Milano, dei suoi collezionisti
delle sue vicende artistiche vengono escluse senza alcuna logica. Nelle sale
espositive sia quelle temporanee sia permanenti si mostrano opere di artisti
importanti accanto ad artisti mediocri che non hanno mai inciso nel mondo
dell’arte. Nella sala chiamata dei nuovi allestimenti sullo stesso percorso
espositivo troviamo le varie declinazioni della pittura: le esperienze Pop, il
Realismo Esistenziale, i dipinti analitici e concettuali. L’allestimento delle
opere non risponde a un criterio di scientificità in base ai contesti e alle
situazioni differenti in cui gli artisti si trovavano ad operare, ma ad una
casualità artificiosa, un quadro dopo l’altro, un’istallazione lasciata sul
pavimento vicino ad un quadro esposto sulla parete, senza alcun rapporto tra loro.
Opere di una certa rilevanza sul piano
internazionale con registri poetici, formali ed espressivi già codificati dalla
storia sono messe accanto ad opere che non lo sono. Si fa un mescolamento indistinto che non fa comprendere
bene gli sviluppi dell’arte della seconda metà del novecento. Un Istituzione
come un Museo non può permettersi di farlo. Viene il sospetto che si favoriscano
gli amici di qualche membro della commissione, qualche parente, l’artista
cortigiano, il vicino, qualche gallerista, lasciando fuori gli artisti del
Novecento che hanno veramente contato sul piano della loro presenza e ricerca. Così la santa alleanza tra il potere
costituito dalle logiche familiari e politiche, le Istituzioni museali
dell’arte contemporanea sembra chiudere il cerchio dell’arroganza e
inettitudine.
La violenza e le
falsità non circolano solo nel web o nei canali televisivi ma dilagano in maniera
oscena in tutti gli ambiti del sapere.
Coloro che non si fanno sottomettere, gli artisti che pensano, si
oppongono, scrivono sono messi al bando, Essi devono essere isolati, ignorati,
a volte eliminati. Le riviste e i
periodici che pubblicano notizie e articoli sull’arte contemporanea non fanno
che da cassa di risonanza alla mediocrità delle mostre aumentando la distanza
fra la banalità e il pensiero sull’arte, la pratica riflessiva, l’estetica come
prassi umana di libertà. Tali riviste non fanno che riproporre la
standardizzazione, l’andar per arte senza sapere in quale direzione e con quale
sguardo. E’ un circo della menzogna fatto di fiere, aste, rassegne importanti e
meno importanti che s’impone con violenza nascondendo la vera essenza dell’arte.
E’ ciò che il nostro Museo non fa altro che accreditare.
Le mostre abbondano senza alcuna misura, senza
criteri, teorie, ricerche. Nessuno si preoccupa della loro validità, della loro
coerenza storica critica. Siamo costretti ad assistere senza poter reagire a
questo scempio. Gli approfondimenti e l’esercizio della critica ormai vengono
rapidamente messi da parte perché considerati dannosi. Questa ferocia espositiva insieme alla censura
per chi la pensa in maniera diversa divorano la semenza dell’innovazione e del
cambiamento.
Questo purtroppo è lo
scenario dell’arte in questo bellissimo paese.
L’unico modo per reagire a tale ferocia e inettitudine sarebbe una
svolta teorica, etica ed estetica. Solo
in questo modo potrebbe capovolgersi l’ottica negativa con cui la
commercializzazione dell’arte, l’ignoranza e la mancanza di competenze hanno ridotto
a brandelli il mondo dell’arte sottomettendolo
alla globalizzazione finanziaria, allo sguardo neutro del turismo di massa e
alla moda.
Quel che ci vuole
sarebbe un pensiero sull’arte che origina dalla sua dimensione ontologica, dal
suo spirito, dal suo porsi come interrogazione e dimensione etica, come
approfondimento della storia e della sua influenza. Per un Istituzione così importante
per Milano come senz’altro è il Museo del Novecento, ciò vorrebbe dire una
svolta sul piano della selezione delle mostre e degli eventi, renderne trasparenti
i criteri, ricollegarsi allo spirito e all’humus critico artistico della storia
della città. Soprattutto bisognerebbe verificare la trasparenza e la
scientificità della commissione scientifica. Almeno questo.
Didascalie immagini
1
Francesco Correggia. Fermo immagine dal Video Duel 2006
2
Museo del Novecento, vista sul duomo
3
Al centro la direttrice del Museo con il Sindaco
4
Una delle nuove sale espositive, in fondo
un’opera di Kounellis
5
Pipilotti Rist,
fermo imagine , dal Video Japsen, Der Wahn 1985
6
La sala con un’opera di F. Clemente
7
Furla-series-museo-novecento-contemporaneo-moda-rituale
8
C. Newman, fermo immagine dal video, 1986
9
A. Boetti, il muro, 75 elementi, tecnica mista
1973-1992
10
J. Kosuth, qualitative,
11
V. Wolfl, fermo immagine dal video, 1979
12
Sala Fontana
13
Francis
Alys, Paradox of praxis, 1997